Area riservata

Newsletter

Nome:
E-mail:

Link

Siti amici, partners o semplicemente di interesse che vi segnaliamo. Accedi
 8 visitatori online

Una teoria per i tributaristi

Questo sito vuol contribuire a una teoria della tassazione, conciliando quella ragionieristica attraverso le aziende con quella valutativa attraverso gli uffici. Pur cercando di essere comprensibile da tutti, parte da aspetti facilmente inquadrabili dagli operatori del settore. www.giustiziafiscale.com   si rivolge invece direttamente agli opinion makers e agli esponenti della pubblica opinione. Sull'organizzazione sociale in generale www.organizzazionesociale.com

Home Tassazione internazionale Quanto scuda davvero lo scudo?
Quanto scuda davvero lo scudo? PDF Stampa E-mail
Tassazione internazionale
Scritto da Administrator   
Martedì 15 Settembre 2009 00:00

Tutti dicono, come questo intervento su lavoce.info,  che lo scudo è un condono, nei limiti della somma regolarizzata; tuttavia la disposizione di riferimento (art.14 l.72 -2002) afferma che lo scudo "preclude  nei  confronti  del   dichiarante  ..., ogni accertamento tributario e contributivo  ......limitatamente agli imponibili  rappresentati  dalle  somme  .....oggetto di rimpatrio". E' una formula che merita riflessione, perchè "limitatamente agli imponibili"

rappresentati dalle somme" non equivale a "non sono ammessi accertamenti tributari fino ad un imponibile pari alla somma rimpatriata"; se la formula fosse stata la seconda, il condono sarebbe stato "regalato" ed ogni accertamento, anche per irap di somme dichiarate ai fini Irpef, o di registro o di tributi comunali , avrebbe potuto essere messo in conto dello scudo. L'agenzia delle entrate con riferimento a questa formula richiedeva la possibilità che in astratto le somme accertate potessero aver contribuito alla formazione del capitale estero rimpatriato.  Mi pare che la nuova circolare diffusa oggi dall'Agenzia, sul sito, e aperta ai commenti, confermi questa interpretazione. Quindi le questioni di diritto, o di elusione, non beneficiano dello scudo, e forse si potrebbe discutere sui ricavi versati su conti italiani, non movimentati e lì rimasti, fino all'accertamento. Forse ci sarebbero gli estremi per una interpretazione più letterale secondo cui fino a concorrenza dell'importo scudato, qualsiasi accertamento di maggior imponibile è precluso. E in un impianto normativo così sbilenco l'interpretazione ci potrebbe anche stare. Infatti, un tentativo di collegamento analitico , caso per caso, tra scudo e occultamento, pur aspirante alla precisione, è al tempo stesso più arbitrario e potenzialmente discriminante, specie rispetto a una legislazione che sembrava spingere a scudare qualsiasi cosa. Certo che comunque rimarrebbero fuori proprio i rilievi relativi al "regime giuridico del dichiarato", ad esempio l'erronea esenzione da IVA , o non imponibilità, o esclusione di territorialità, su ricavi palesi. Del resto questo, sul piano logico, è conforme alla mediazione tra semplicità, certezza, precisione e controllabilità da parte del fisco. Non si può ricostruire la storia delle disponibilità all'estero per riferirle a uno specifico ricavo. Tuttavia la portata sanante dello scudo è collegata alla possibilità di un collegamento, sia pure sul piano ipotetico, tra somme regolarizzate e somme occultate al fisco. Anche una fattura per operazioni passive fititzie teoricamente  potrebbe aver alimentato le disponibilità estere.

Commenti

avatar mauro franchi
0
 
 
Noi fiscalisti si legge tutto secondo la nostra lente, talvolta deformante. Insomma, per il maniscalco tutto il mondo deve essere un gigantesco ferro di cavallo su cui battere il proprio martello. Le tue osservazioni, Raffaello, sono, come al solito, pertinenti ma io penso che il provvedimento sullo scudo vada letto per quello che è: un coacervo spurio, infatti, la sua finalità (prettamente di politica economica) è quella di far rientrare in patria moneta allocata allestero. Una sorta di vecchia politica monetaria. Si immette liquidità nel sistema per cercare di far ridecollare l'economia. Ovviamente i bene informati od i primi informati od ancora, i meglio informati, sapranno sfruttare le pieghe del provvedimento per mettere la loro coscienza a posto da un punto di vista fiscale. Se è vero quello che ho detto, allora, diventa "essenziale" per il provvedimento, che la risorsa finanziaria sia all'estero. Non serve a nulla scudare roba che è in Italia. Sotto questo profilo diventa secondaria la fonte dell'evasione, se di evasione si tratta. E forse è anche inutile parlare di elusione e quant'altro. Deformiamo troppo fiscalmente. Insomma, quello che importa è che il capitale (che si trova all'estero) rientri. La paratia fiscale contro futuri accertamenti è solamente il miele che deve attirare le mosche.
avatar Raffalup
0
 
 
forse, mauro, nei provvedimenti legislativi coesistono spesso tante finalità diverse, e nello scudo c'è certamente anche quela che dici tu. Osservo però che in italia, a quanto mi risulta, c'è una liquidità enorme, come scritto anche sul sito della voce.info, ma mancano impieghi affidabili. Alle imprese medio piccole il credito viene negato per paura di perdite, e si chiedono spread di oltre due punti sull'euribor...ma vale la pena di perdere tutto per un misero 3 percento annuo? E forse sarebbe così anche se in Italia ci fossero altri sessanta miliardi di euro. Quindi la necessità di liquidità nel sistema non è l'unica spiegazione, ma c'è anche il gettito, l'imposta volontaria che non crea dissenso sociale. E'6rzTc un calderone con dentro un pò di tutto. Staremo a vedere.
avatar mauro franchi
0
 
 
Tante volte ho pensato che la norma fiscale abbia un ruolo servente.
Raffaello, in diverse occasioni, mi ha tirato le orecchie ribadendo,
invece “l’autonomia” del diritto tributario. Ed è ovvio, se la materia
va sistemizzata, in essa devono sussistere principi che la rendano
poco sensibile ad “esigenze” esterne, che altro non fanno, purtroppo,
che frammentarla nell’incoerenza. Però la tentazione da parte del
fisco, di piegare i principi ad “altre aspettative”, è sempre forte,
e, talvolta ha la meglio. Un chiaro esempio è rinvenibile
dall’emananda, e già citata, circolare in materia di scudo fiscale.
Gli “esperti” evidenziano che un ostacolo alla buona riuscita
dell’operazione potrebbe essere rappresentato dal fatto che la persona
fisica che scuda rischia di far accertare la società di riferimento.
La società, insomma, che partecipa e da cui ritrae, in maniera chiara
le proprie risorse. Infatti, un domani, si potrebbe presumere che le
somme esportate e scudate, disvelate per far fronte ad un accertamento
del fisco, magari da redditometro, aprano la porta agli ispettori, ad
un diverso e, forse, più comodo accertamento nei confronti della
partecipata, la quale, formalmente, è soggetto terzo rispetto ai
benefici effetti sul fronte dell’accertamento. Questi, si producono,
infatti, solo nei confronti della persona fisica. Sistematicament e ciò
appare corretto, almeno per le società di capitali che non aderiscono
alla “piccola trasparenza”, o per la cui adesione, comunque, non
posseggono i requisiti. Però, scommetto che, per il buon fine
dell’operazione, l’amministrazione sarà costretta a dire, anche solo
da un punto di vista amministrativo, salvando così, quanto meno, gli
effetti della buona fede, che l’efficacia della copertura si estende
anche alla società partecipata...purché questa abbia i requisiti della
“piccola società”.
avatar Raffalup
0
 
 
Mauro, l'autonomia del diritto tributario esiste quando si tratta di determinare la capacità economica, e di contemperare tutti gli aspetti rilevanti sotto questo profilo, che si fondono con aspetti diversi della convivenza sociale, punizioni e premi, incentivazioni e penalizzazioni. I modi per determinare la capacità economica si riflettono sul consenso. Ormai sei grande, cerca di renderti conto che il legislatore non è l'essere perfettissimo signore e padrone del cielo e della terra, che tutto vede e tutto prevede, e nelle cui opere si possono sedimentare le coerenze dell'Universo. Nelle decisioni politiche la determinazione della capacità economica è un elemento rilevante, ma nella misura in cui è sfumato, o ci si trova in una situazione di "impasse" emergono altri profili. E' il carattere combinatorio delle scienze sociali, caratteirzzato da una serie di concause, sulle quali la mia più elaborata riflessione, per ora, si trova sul volume unico di Giuffrè. Insomma, la cosa più facile da spiegare è la determinaizone della capacità economica, attorno alla quale ruotano in modo più disordinato, altri aspetti. Nel caso in esame è chiaro che lo scudo non protegge i soggetti distinti anche solo formalmente dalla persona fisica che "scuda" e se la piccola società non ha fatto la "piccola trasparenza" lo stesso soggetto, in qualità di amministratore, è esposto al rischio di controlli. Potrebbe essere la fonte di innesco di un condono futuro.
avatar gabriele sepio
0
 
 
la lettura che è stata data dello scudo, come norma sul condono a costo zero piuttosto che una mera forma di regolarizzazion e delle norme sul monitoraggio, trova diverse conferme nel tenore delle disposizioni contenute all'art. 13 e sopratutto nei rinvii alla disciplina sul monitoraggio. E' sufficiente considerare che la violazione può essere sanata anche con il trasporto al seguito del denaro. Tuttavia mentre in caso di trasporto da paesi extra ue è necessaria una dichiarazione da depositare al momento del passaggio in dogana, discoso diverso si pone in caso di trasferimento al seguito in ambito ue. in tale circostanza è possibile rilasciare una semplice dichiarazione entro 48 ore alla banca, in un contesto , dunque, in cui è il contribuente stesso a dichiarare che le somme provengono dall'estero senza l'intervento di una certificazione ulteriore da parte di soggetti terzi. Mi chiedo allora come si potrebbe evitare che soggetti che detengono somme in contanti in italia derivanti da evasione fiscale non si rechino in banca dichiarando di avere rimpatriato le somme da un paese comunitario attraverso il trasporto al seguito. Del resto come potrebbe l'intermediario entrare el merito della questione. Forse spetterà al fisco in un secondo momento richiedere, come ricordava raffaello, una prova di verosimiglianza onde accertare quantomeno la credibilità delle dichiarazioni rese dal contribuente alla banca italiana. Ma posso immaginare un ristoratore che ha parenti od amici in Francia o quando non addirittura la disponibilità di un immobile in un paese UE, il quale dichiari che quelle somme erano il frutto dell'evasione degli anni precedenti trasferite nel corso del tempo al solo scopo di mettere al riparo il capitale da eventuali rischi imprenditoriali. In questo caso potremmo trovarci di fronte al paradosso per cui spetterebbe a fisco dimostrare che il ristoratore non ha evaso!. Non so se mi sfugge qualcosa ma ad una prima riflesione a caldo mi sembra che tutto questo confermi che con lo scudo effettivamente "paghi uno e prendi due" . Questo conferma che probabilmente lo scudo avrebbe dovuto atteggiarsi in modo diverso a seconda della esigenza o meno per il contribuente di mettersi al riparo da controlli. Chi accede allo scudo solo per questo motivo non può essere messo sullo stesso piano di chi ha semplicemente violato le norme sul monitoraggio con riferimento a capitali assoggettati già a tassazione.
Per postare commenti o rispondere è necessario loggarsi.
 

Copyright © 2009 Fondazione Sudi Tributari | Tutti i diritti riservati | CF/P.IVA 97417730583

PixelProject.net - Design e Programmazione Web