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Home Tassazione internazionale Lista temi per un convegno sullo scudo
Lista temi per un convegno sullo scudo PDF Stampa E-mail
Tassazione internazionale
Scritto da Raffaello Lupi   
Martedì 22 Settembre 2009 00:00

Dopo la precedente anteprima destinata a Guida ai controlli fiscali, sui nodi di teoria della tassazione sollevati dallo scudo fiscale, abbiamo ripreso e sviluppato l'argomento per DIaloghi, ecco qua. Ma ora facciamo un elenco di questioni per un convegno sullo scudo, visto che tanto qualcuno se ne farà..ecco alcuni argomenti, che aggiorneremo in progress...

 1) Scudo e condono. Qui rinviamo alla discussione dal titolo "Quanto scuda davvero lo scudo? Vedi questo file allegato, in cui dopo la spiegazione "condonistica" dello studio  da parte della prof Cecilia Guerra, ci sono alcune considerazioni dei lettori della voce.info , che dimostrano la difficoltà, senza ulteriori spiegazioni dei comportamenti, di fare progressi sulla teoria della tassazione perseguendo le solite spiegazioni moralistiche.

2) Coincidenza di generalità tra conto estero di provenienza e chi presenta la dichiarazione riservata. Può accadere che i fondi, all'estero, siano a nome di parenti o altre persone di fiducia, oppure a società "offshore" con azioni al portatore, che in occasione dello "scudo", li bonificano sul conto italiano del titolare effettivo, che presenta la dichiarazione riservata (insomma il bonifico non arriva dal conto estero di Tizio, ma di una società). Non mi pare che faccia parte dei compiti della banca verificare la coincidenza tra titolare del conto estero da cui giunge il bonifico, e  soggetto che presenta la dichiarazione riservata. Nè mi pare che un domani, in sede di eventuali controlli fiscali, si potrebbe negare l'effetto "sanante" dello scudo a chi non dimostra l'intestazione personale del conto estero. Se però la risposta è questa, nel caso in esame ragionevole, si aprono interrogativi sulla possibilità di controllare altri requisiti per l'accesso allo scudo, come l'esistenza delle disponibilità estere a fine 2008. La prova che i conti esteri siano intestati allo stesso contribuente che "scuda" non mi sembra richiesta dalla legge, neppure in sede di successivo controllo. Forse però si dovrebbe dimostrare, in futuro, che il conto di provenienza prima di tutto esistesse a fine 2008, e secondo ragionevoli presunzioni fosse riconducibile all'interessato, o quantomeno non fosse a lui del tutto estraneo. Altrimenti si arriverebbe agli estremi di operazioni circolari in cui soggetti esteri del tutto estranei al contribuente effettuano bonifici sul suo conto solo per dargli modo di effettuare la dichiarazione riservata, e poi ricever indietro i soldi. Quindi la risposta potrebbe essere che non è necessaria la coincidenza nominativa nell'intestazione del conto, ma il fisco può chiedere domani un riscontro di riferibilità, almeno presuntiva,  del conto stesso a chi ha scudato.

3) Disponibilità fatte rientrare prima dello scudo, e non più esistenti all'estero al 31 dicembre 2008 (vedi articolo su dialoghi 5-2008)

4) Trasporto materiale di contanti in banca italiana: chi ci dice che venissero dall'estero.

5) scudo e accertamento sintetico (se i soldi sono stati riportati in Italia come fanno a sostenere i consumi messi a base del sintetico?)

6) studio e segnalazioni antiriciclaggio, vedi questa intervista di lupi a "la stampa" 

Commenti

avatar mauro franchi
0
 
 
E' dal 1990 che il segreto bancario è caduto (giustamente) a fronte
delle superiori esigenze dell'interesse fiscale.
E' stata una politica, seppur con diverse sfumature, seguita dalla
maggioranza dei paesi OCSE.
La recente crisi economica ha posto bene in evidenza come gli effetti
negativi di errate politiche economiche globalizzate possano trovare
terreno fertile dai non pochi paradisi fiscali (in senso lato) ancora
esistenti, che basano le proprie fortune anche sulla riservatezza che
circonda i patrimoni ivi depositati.
Nelle recenti riunioni G8, G20, come sappiamo, si è discusso molto di
questo aspetto e la conclusione conseguenziale è stata quella di porre
uno stop a tali dannose pratiche.
Il dirottamento di capitali non è solo un problema di tipo fiscale (di
eventuale sottrazione di materia imponibile a tassazione) ma anche e,
forse, soprattutto, di inefficente (concetto relativo) allocazione di
risorse economiche.
Segreto bancario e trasparenza sono due concetti probabilmente
antitetici e perseguire una strada di chiarezza, nei rapporti, prima
di tutto, fra stati, secondo i canoni legittimi del diritto
internazionale (ove ciascuna entità nazionale cede, perchè lo vuole,
parte della propria sovranità) non penso violi alcun principio a danno
dei traffici privati (a loro volta positi a base delle conosciute
libertà (economiche) comunitarie. Non vi è alcun ostacolo alla
circolazione dei capitali. Ed è chiaro che se questi sono circolati in
modo opaco violando norme finanziarie o valutarie ben si può prevedere
una sanzione modulabile secondo le varie ipotesi, più o meno valide,
che stiamo studiando in questi giorni. Rientro, scudo, ecc. sono
acronimi, perciò, che se presi di per sè possono essere fuorvianti.
Così come esiste un catasto fondiario, in piena trasparenza, perchè
non può esistere, oggi nel 2009, in un contesto di economia
globalizzata, estremamente reattivo, anche un'informativa trasparente
sulle ricchezze finanziarie depositate presso istituti di credito? Non
vi è nulla di discriminatorio nel richiedere liste: chi ha la
coscienza a posto potrà dormire sonno tranquilli.
Abbiamo visto il trend della normativa interna, come dicevo dal 90 in
poi: dapprima la caduta del segreto bancario, poi le richieste di
informazioni su conti e depositi a banche, scelte, più o meno a caso,
poi, negli anni recenti l'obbligo delle banche di dare propria sponte,
a livello nazionale, informazioni su nominativi richiesti dall'Agenzia
delle Entrate realizzando, quindi, anche se in modo perfettibile,
l'obbiettivo finale vero, di avere a disposizione on line da parte del
fisco di una lista di nominativi su cui poter indagare...proprio
quello che, forse, vogliono realizzare gli stati che oggi chiedono
liste generiche a stati sospetti di aver, direttamente od
indirettamente, avvallato l'esportazione illegale di capitali. Quanto
alla banche, facendo parte di queli agglomerati (ordinamenti) socio
economici sottordinati non potranno far altro che legittimamente
adeguarsi.
avatar Raffalup
0
 
 
Mauro, come sempre nelle questioni umane, e quindi nelle scienze sociali (che sono fatte di questioni umane) alcune cose sono importanti, ma non risolutive, e questo vale anche per il segreto bancario. Ricostruire i redditi e i ricavi partendo da versamenti bancari ipoteticamente sparsi in mille banche, magari in tutto il mondo, è possibile, ma non su una scala così ampia, così capillare, da consentire la "compliance" di massa dei contribuenti. Non so se stai ipotizzando una specie di anagrafe dei conti mondiale, come se il fisco inglese potesse spingere un bottone e sapere se il signor smith ha un conto in Italia, e viceversa. A me sembra fantascienza. E poi come facciamo a sapere quali sono le ragioni delle movimentazioni sul singolo conto? (cfr paradiso e inferno, pag.253 ss.) . La capacità economica non si trova sugli alberi, ma deriva dal lavoro dell'uomo, nel senso su cui riflettiamo in questo post, e più si allontana dalla fonte meno è qualificabile: il conto bancario del fioraio, nella banca all'angolo, è una buona spia dei ricavi del fioraio, ma solo perchè c'è un collegamento con l'attività: so cosa fai, so quanto versi sul conto e associo queste due riflessioni. Se invece parto alla cieca dai versamenti bancari, senza conoscere la rigidità o la flessibilità della capacità economica di riferimento, le sue possibilità di essere nascosta, etc.. posso sprecare un monte di lavoro senza trovare nulla. Questa ritrosia per un lavoro analitico in materia di indagini bancarie la si ritrova nella tendenza a prendere meccanicamente versamenti e prelevementi e considerarli reddito, senza un complesso lavoro analitico, movimento per movimento. E' una grossolanità che, portata su larga scala sarebbe intollerabile anche socialmente. Ricostruire una capacità economica dai dati bancari è anche qui partire dalla fine. Anch'essi hanno la loro importanza, ma non sono risolutivi.
avatar mauro franchi
0
 
 
Le tue considerazioni, Raffaello, sull’impossibilità di applicare la filosofia dei controlli seriali e non solo sulle movimentazioni finanziare internazionali, sono del tutto condivisibili. Il fenomeno della ricchezza dirottata verso istituzioni finanziarie (intese in senso ampio) allocate in paesi “compiacenti”, non riguarda solamente l’evasione fiscale. Se, però, si analizza il fenomeno sotto questo, tutt’altro che secondario, aspetto, effettivamente ci si rende conto che le metodologie di accertamento specifico devono fare un salto di qualità. Abbastanza significativo, forse, al riguardo è l’accordo Svizzera - Stati Uniti, (su cui non ci si pò dilugare nell'analisi dei dettagli), i quali, questi ultimi, in modo alquanto pragmatico, hanno fatto si che siano, in prima battuta i “detective” elvetici a scremare le posizioni, previe indicazioni, creando un primo elenco in ordine di importo: prima i pesci grossi. L'accordo bilaterale, fra l’altro, prevede procedure di garanzia, anche giurisdizionale, a favore degli indagati. E’ vero, se la linea OCSE avrà successo, se si creerà una maggior trasparenza, sarà di fondamentale importanza capire come poi concretizzare efficacemente il tutto ai fini di un’accettabile determinazione della capacità economica. Forse gli strumenti già esistono o magari si possono affinare senza troppo sforzo: codici identificativi comunemente adottati dai paesi aderenti, i quali permettano di “agganciare”, sempre e comunque, le persone fisiche, che hanno la regia delle movimentazioni finanziarie. Non dico che sia semplice ma, forse, non è impossibile. Certo, però, come dici tu, la partita si giocherà sulla capacità di analisi dell’enorme massa di dati, che richiede, a sua volta, strutture, professionalità e strategie ben diverse rispetto a quelle usualmente messe in campo dagli uffici nella normale attività accertativa...ben distante rispetto a quella che, di per sè, porta stancamente ad appiattirsi, come tu ci ricordasti una volta, su di una vaga "nostalgia da CUD".
avatar Raffalup
0
 
 
ecco la lettera con cui il direttore dell'irs (internal revenue service il fisco americano insomma) Mr Doug Shoulman chiede la voluntary disclosure per i redditi occultati in paradisi, pagando tutte le imposte.. In assenza di una teoria della tassazione noi siamo costretti a fare paura con le "grida fresche" (in cui si minaccia che tutti i soldi trovati nei paradisi si presumono evasi) e poi offrire condoni mascherati....

http://www.irs.gov/newsroom/article/0,,id=206014,00.html
avatar Giuseppe Gargiulo
0
 
 
In relazione all'esigenza di coincidenza di generalità tra conto estero di provenienza e chi presenta la dichiarazione riservata, osservo che, ove le attività oggetto di rimpatrio siano detenute all'estero dal soggetto dichiarante per il tramite di un soggetto "terzo" interposto (sia esso una società offshore come spesso capita o un persona fisica interposta come ipotizzi tu) , le soluzioni percorribili (anche alla luce dell'esperienza applicativa maturata con alcuni intermediari) sono, a mio giudizio, proprio quelle che individui anche tu: la prima consiste nel trasferire , preventivamente, le somme oggetto di rimpatrio dal conto corrente estero intestato al soggetto terzo interposto sul conto corrente estero che sarà appositamente accesso dal dichiarante e solo dopo trasferire le suddette attività dal conto corrente estero personale del dichiarante a quello segretato accesso presso l'intermediario italiano dal medesimo dichiarante (in tal senso sembra esprimersi, sebbene in modo molto generico, anche le vecchie circolari quando parlano delle modalità di rimpatrio delle attività detenute per il tramite di soggetti interposti fittizi); in alternativa si può anche trasferire le somme direttamente dal conto estero intestato al soggetto "interposto" (tipicamente si tratta della a società offshore a suo tempo costituita per schermare il conto corrente estero ed evitare, nel paese della fonte, la cd euro-ritenuta sugli interessi in uscita corrisposti a persone fisiche non residenti) al conto segregato italiano del soggetto dichiarante/scudante; in questo caso però, si noti bene, l'intermediario italiano, di fronte a questa divergenza, è solito chiedere per suoi fini interni un dichiarazione/prova che il soggetto da cui provengono le somme sia effettivamente un mero interposto fittizio del soggetto dichiarante ( in caso di società offshore si è soliti esibirgli copia dei mandati fiduciari e dei moduli di apertura dei conti correnti esteri della medesima società offshore che identificano il soggetto italiano dichiarante come avente diritto economico o beneficiario finale di quel conto estero in conformità alla locale normativa antiriciclaggio; nel caso di interposizione di persona fisica, che non mi è mai capitato nella esperienza, la questione della prova della interposizione fittizia ( e non reale) è forse un po’ più complicata: si dovrebbe forse trattare di una dichiarazione di simulazione soggettiva nella intestazione del conto estero resa congiuntamente dal dichiarante e dall'interposto, la cui attendibilità, tuttavia, andrebbe valutata in relazione alle circostanze del caso concreto, con il rischio che la procedura, in assenza di adeguata e credibile prova, potrebbe essere ex post vanificata; in termini pratici, nel caso di interposizione di persona fisica, forse la strada più sicura sarebbe quella del rimpatrio direttamente a nome del soggetto interposto, ma ove ciò non sia di interesse (perché ad esempio il soggetto che è interessato a godere dei relativi effetti premiali, sia amministrativi che penali, è proprio il soggetto interponente, la soluzione più sicura sarebbe a mio giudizio quella di trasferire previamente le disponibilità estero su estero dal conto corrente del soggetto interposto persona fisica ad un conto corrente personale estero accesso alla medesima persona fisica dichiarante che intende fare lo scudo e solo poi rimpatriare dal conto personale a quello segretato, ripristinando l'identità soggettiva tra conto estero di provenienza e conto segretato. Così facendo non si dovrebbe dare nessuna spiegazione all'intermediar io italiano, ci assume la responsabilità di dire che le somme già esistevano al 31.12.2008 (sebbene presso il conto dell'interposto), riservandosi di fornire spiegazioni solo su eventuale richiesta della Amministrazione ove mai un giorno questa chiedesse di verificare i presupposti di fattibilità dello scudo (nel qual caso sarà comunque bene che il dichiarante si precostituisca una attendibile prova sia della natura di mera interposto fittizio del soggetto dal cui conto sono arrivati soldi e sia del fatto che questi soldi sul conto dell'interposto vi erano già al 31.12.2008).

Per quanto riguarda l'ulteriore questione che tu poni (4) relativa Trasporto materiale di contanti in banca italiana: chi ci dice che venissero dall'estero? La mia risposta è nessuno, se non la comunicazione valutaria statistica ("cvs") che deve essere prodotta all'ufficio della dogana al momento dell'ingresso in Italia dall'estero (sia che si venga da Paesi Ue come Lux ed Austria sia che si venga da Paesi extra Ue come svizzera etc.), la quale è previsto che venga esibita all'intermediar io italiano incaricato di curare la procedura di scudo fiscale. Ovviamente in questo caso scattano, direi in automatico, le segnalazioni antiriciclaggio e non vi è riservatezza per il dichiarante/scudante. Questa modalità di rimpatrio, che già esisteva nella precedenti edizioni dello scudo, si prestava ad ulteriori abusi atteso che all'epoca dei “vecchi scudi”, la cvs doveva essere prodotta all'ufficio doganale non contestualmente all'ingresso in Italia (come invece accade da circa 10 mesi per effetto di una sopraggiunta modifica normativa) ma entro le 48 ore successive (ove si venisse da Paesi UE come Lux ed Austria). Questa ampia finestra temporale per produrre la cvs, abbinata al provvedimento di scudo, consentiva di scudare agevolmente anche somme non esistenti all'estero (ma all'Italia) producendo mendaci dichiarazioni di cvs con trasporto al seguito dall'estero di somme in realtà esistenti in Italia, a cui avrebbe subito dopo fatto seguito la dichiarazione di scudo fiscale. Oggi che invece la cvs deve essere esibita contestualmente all'ingresso in Italia dall'estero il rischio di dichiarazioni mendaci di finti trasporti al seguito di somme in realtà mai trasportate (ma esistenti già in Italia) dovrebbe essere venuto meno (o comunque ridotto), essendo altamente probabile credo che se faccio una cvs dicendo che ho con me in contanti 1 milione di Euro la dogana mi controlli fisicamente l'esistenza della disponibilità (prima che c'era la finestra delle 48 ore questo rischio non esisteva). Oggi quindi se si vuole beneficiare "indebitamente" dello scudo, mi sembra, che si dovrebbe correre il rischio di trasferire effettivamente in modo illecito le somme all'estero in contanti (anche a mezzo di cd compensazioni) per poi rimpatriarle a mezzo dello scudo ,attesa la difficoltà di fare delle cvs mendaci di falso trasporto al seguito di somme in realtà esistenti già in Italia

Entrambe le problematiche sopra sommariamente affrontate si collegano poi con l'ulteriore tema di come provare, nei casi in cui le somme fossero detenute all'estero in contanti (magari in cassetta di sicurezza, o presso un conto fiduciario di un terzo ovvero in una cassaforte privata o in deposito fiduciario di un professionista estero) che le stesse già erano all'estero, nella disponibilità diretta o indiretta, del soggetto alla data del 31.12.2008 Una eventuale prova a carico del contribuente/dichiarante di tale circostanza rischierebbe di essere diabolica. Pertanto ritengo che la prova contraria, idonee a smentire una tale circostanza, spetti alla Amministrazione finanziaria. In ogni caso sarebbe bene che il soggetto dichiarante si ponga il problema e si precostituisca una ragionevole prova che renda almeno credibile e verosimile una tale affermazione: potrebbe essere ad esempio la titolarità di un contratto di affitto di cassetta di sicurezza all'estero (sebbene nessuno potrà mai provare con esattezza cosa ci fosse veramente dentro al 31.12.2008) ovvero la dichiarazione scritta di un terzo depositario (possibilmente credibile, quale un professionista locale) che dichiari che le somme erano detenute e custodite in contanti dal sottoscritto a titolo fiduciario già alla data del 31.12.2008.

Circa l'ultima questione relativa alla capacità logica (ancora prima che giuridica) dello somme oggetto di scudo di poter fungere effettivamente da "scudo" contro eventuali accertamenti di maggior redditi basati su consumi /investimenti patrimoniali incoerenti con i redditi dichiarata, la sensazione è che i casi che potrebbero presentarsi, nella pratica, sono due:
1) l'ufficio accerta in modo sintetico, sulla base di certi consumi o di certo investimento patrimoniale del contribuente, un certo reddito presunto occultato al fisco (senza fare una indagine bancaria/patrimoniale sui specifici sui mezzi finanziari che il contribuente ha in concreto utilizzato per finanziare quei consumi e quegli investimenti patrimoniali); in questo caso, data la genericità e la sinteticità della ricostruzione del reddito che si assume occultato, credo che il contribuente potrebbe utilmente opporre in modo generico lo scudo fino a concorrenza delle somme scudate;
2) laddove invece l'ufficio facesse un accertamento, diciamo, analitico ossia sulla base di specifiche indagini bancarie e patrimoniali e rintraccia in Italia l’esistenza di "stock" di attività (denaro o immobili) del contribuente, anteriori al 31.12.2008, non compatibili con i redditi da questi dichiarati (e non supportati da finanziamenti di banche o da donazioni/eredità idonee a provarne la origine non reddituale) mi viene da pensare che dovrebbe esser facile dimostrare che questi investimenti e disponibilità esistenti in Italia prima del 31.12.2008 non possono, per definizione, esser collegati alle some oggetto di rimpatrio; infatti, (a meno che non si provi che ciò che è stato rimpatriato dopo il 31.12.2008 dall’estero derivava proprio da un disinvestimento delle suddette attività domestiche poi trasferite occultamente all'estero), dovrebbe apparire evidente, in una logica analitica, che le somme oggetto di rimpatrio dopi il 31.12.2008 sono un qualcosa che si aggiunge a quelle disponibilità domestiche esistenti in Italia prima del 31.12.2008 e che quindi esse non possono spiegare, neanche potenzialmente, l’evasione che ha alimentato le suddette disponibilità domestiche (immobili, barche, saldi di conti correnti, etc.) già esistenti prima del 31.12.2008.
Queste sommarie (e forse ancora confuse intuizioni) sullo scudo ( e tra stock, flussi ed evasione) mi inducono ad aprire una breve divagazione. Se oggi il fisco volesse fare una vera lotta all'evasione, o (i) si abbandona il sistema di tassazione analitico dei redditi di impresa e di lavoro autonomo ove esso dimostra palesemente di non funzionare e di non poter funzionare; o (ii) si mantiene detto sistema di tassazione analitica documentale, ma si aumenta la capacità di conoscenza “automatica e preventiva” ( e quindi non a campione, riducendo le attuali asimmetrie informative) dei saldi di conto corrente e delle attività finanziarie possedute dalle singole persone fisiche. A tal fine sarebbe forse sufficiente (almeno al fine di orientare dei controlli selettivi sui “contribuenti incoerenti”) anche una sola pagina aggiuntiva nel modello della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, in cui si obbligano tutti le persone fisiche ad indicare la consistenza dei saldi dei propri conti correnti e dei rapporti di natura finanziaria di cui sono titolari, nonché (altro aspetto fondamentale) dei crediti di cui essi sono titolari per versamenti effettuati direttamente o indirettamente a favore di società a titolo di finanziamento soci, anticipazioni o versamenti di varia natura. La mancata o infedele segnalazione di queste circostanze nella dichiarazione delle persone fisiche dovrebbe essere accompagnata, a titolo di cd sanzione impropria, anche da un presunzione assoluta di origine reddituale dei suddetti stock non comunicati ) ove essi vengano rilevati nel corso di una attività di accertamento. Tale normativa accompagnata da una adeguata campagna mediatica del Ministero e da un apposito team dedicato al controllo di questi aspetti , a mio giudizio, produrrebbe risultati inaspettati, a cui potrebbe far seguito una significativa riduzione delle tasse, unitamente (verosimilmente) alla richiesta di abbandono del sistema di tassazione analitica dei redditi di impresa verso forme di tassazione concordata, anche da parte dei quelle imprese che oggi lo difendono a spada tratta (giocando sulla suddetta asimmetria informativa e scarsità dei controlli analitici)
avatar Raffalup
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Molti dirigenti del fondo monetario internazionale ci ricordano che scudi e condoni vanno adottati solo per disperazione, ma in Italia siamo alla disperazione e non per l'equilibrio dei conti pubblici quanto perchè stiamo navigando su meccanismi fiscali esteriormente simili a quelli degli altri paesi, ma di cui non conosciamo il funzionamento, i punti di forza e di debolezza giuridica. Li abbiamo adottati per istinto, perchè portavano soldi. Ma senza conoscerne i punti di forza e di debolezza abbiamo posto in essere una discriminazione casuale, collegata all'intensità delle relazioni con le poche migliaia di soggetti amministrativam ente rigidi, che neppure hanno capito il loro ruolo. Man mano che ci si allontana, aumenta l'anarchia, la mancanza di controllo del territorio da parte del fisco, che in questa tassazione analitico aziendale senza teorie nè consapevolezze, ha disimparato quello che il fisco ha sempre fatto, cioè valutare. In questo quadro desolante, è paradossale che il condono, su chi non è segnalato, diventi uno strumento di giustizia fiscale.
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