Possono raddoppiare, per un fumus di violazioni penali, i termini scaduti? |
Controlli e contenzioso | |||
Scritto da Raffaello Lupi | |||
Mercoledì 14 Luglio 2010 14:00 | |||
Il sito di Eutekne dà notizia delle sentenza n. 4 del 15 febbraio 2010 della Commissione tributaria provinciale di Torino, sezione XXIV, commentata sul prossimo numero di Dialoghi Tributari in corso di elaborazione sul paventato raddoppio di termini già scaduti al momento della rilevazione di una fantomatica violazione penalmente rilevante.
Era un caso relativo al 2000, per cui matematicamente i termini di accertamento dovevano essere già decorsi all’entrata in vigore della disposizione sul “raddoppio” (2006), ma i giudici non hanno commentato questo aspetto, privilegiando quello sopra indicato. L’agenzia dal canto suo, è convinta che “si scopran le tombe”, cioè che i termini scaduti si riaprano magicamente solo per una violazione penale, magari del tutto estranea alle rettifiche che si andranno a formulare. Il raddoppio dei termini in presenza “fumus” di violazioni penalmente rilevanti si giustifica invece per non comprimere le indagini amministrative quando , a ridosso della scadenza del termine per l’accertamento, c’è ancora una azione penale in corso, o potenziale. In questo modo il raddoppio ha una sua razionalità nell’evitare che l’agenzia, pressata dalla scadenza dei termini, debba emettere in modo frettoloso, un accertamento che potrebbe invece beneficiare di elementi tratti dall’indagine penale. E quindi è evidente che la proroga si applica anche quando l’azione penale si chiude senza esito. Perchè l’amministrazione ha bisogno di “stare ferma prima” dell’esito dell’indagine penale: ha bisogno di stare alla finestra per vedere quali elementi porteranno le indagini del PM. Quindi, affermare che la proroga non si applica in caso di archiviazione è assurdo e penalizzante per il fisco (la regola serve a impedire la decorrenza del termine di decadenza qualunque sia l’esito dell’azione penale: sarebbe assurda la spada di damocle secondo cui, in caso di archiviazione penale, risorgerebbe la decadenza e l’amministrazione “che aveva aspettato” sarebbe retroattivamente fuori termine, non potendo più usare nemmeno gli elementi che aveva). Altrettanto assurdo, ispirato a un “favor fisci” ingiustificato, è riaprire termini già scaduti: qui la ratio legis di non comprimere azioni amministrative tempestivamente iniziate manca del tutto. Le indagini sono qui fuori tempo massimo, e vista la facilità di superare le soglie sull’evasione interpretativa per le grandi aziende, si tratterebbe di un surrettizio raddoppio dei termini per l’accertamento. Sul piano teorico sistematico la disposizione è squisitamente amministrativa, e il penale è solo un presupposto esterno, dove l’unico requisito è che il rapporto penale, delibato incidentalmente in sede tributaria (eventualmente tenendo conto della motivazione con cui il giudice penale lo ha archiviato) non sia palesemente privo di fondamento. E quindi strumentalmente teso, in malafede, a prorogarsi i termini amministrativi. Va bene… mi sono lasciato andare a una raffinatezza…però la questione della non riapertura del termine scaduto è un tema centrale di cui riparleremo su dialoghi 5 del 2010. La fondazione studi tributari introdurrà l’argomento, e se qualcuno vuole indicare qui riflessioni organiche, potremo riprenderle anche su dialoghi.
|
Commenti
La reviviscenza di termini già scaduti è evidentemente un assurda ed ingiustificata compromissione della necessaria stabilità dei rapporti giuridici,compresi quelli insorgenti tra contribuente ed Erario in ordine al corretto adempimento da parte del primo dell'obbligo tributario ed al potere di intervento del secondo in ipotesi di violazioni.
Tuttavia la versione che mi pare l'A.F. accrediti milita nel senso di ritenere che non di proroga si tratti ma di diverso termine, pari al doppio dell'ordinario fissato dall'art. 43, per l'accertamento previsto nelle ipotesi di fattispecie delittuose previste e punite dal D.Lgs. 74/2000. La linea interpretativa mi pare oggettivamente debole ma tant'è.
Concordo infine sulla critica alla sentenza che subordina erroneamente l'applicabilità della proroga all'esito dell'azione penale.