Archivio permanente, oltre il feticcio della dichiarazione “annuale” |
Controlli e contenzioso | |||
Scritto da Raffaello Lupi | |||
Martedì 20 Luglio 2010 09:39 | |||
L’accertamento sintetico e’ il successore, trasfigurato, delle vecchie tassazioni a ripartizione riferite alle condizioni economiche globali degli individui, oggi non gestibili. Il sintetico va però coordinato con le altre forme di visibilità della ricchezza, prima di tutto con quella derivante dall’attività svolta. Addirittura si potrebbe spezzare l’articolo 38 e trasferirne una parte nel 39 del 600, e nel 54 dell’IVA, affermando che l’accertamento del reddito professionale puo’ fondarsi anche sul tenore di vita: ove sia verosimile che l’operatore economico tragga il proprio sostentamento dall’attivita’ lavorativa che svolge, il tenore di vita è uno strumento per accertare il risultato dell’attività: visto che nessuno fa il tassista, o il fruttivendolo, per divertimento, per non dire di peggio. Poi ci sarebbe il 38 “residuale” per chi non è operatore economico. In un certo senso questa riflessione si collega alle proposte di anagrafe patrimoniale, fatte da tabellini e provasoli, che avevamo commentato su dialoghi 3 del 2010. La dichiarazione annuale patrimoniale è una boutade, ma le condizioni patrimoniali sono uno strumento importante per accertare i redditi: anche l’accertamento sintetico conferma la necessita’ di passare dalle dichiarazioni annuali agli schedari permanenti, acquisendo informazioni stabili di carattere pluriennale. Nel senso che, se si vuole gestire il sintetico e le prove contrarie, occorrono informazioni stabili di carattere pluriennale. Superando il mito della dichiarazione annuale, che rischia di frammentare le informazioni, in tante fotografie annuali “senza base permanente”. Anche il tutoraggio delle aziende richiederebbe un archivio permanente sulle informazioni disponibili, in cui distinguere le aree rigide, e affidabili, dell’amministrazione da quelle “critiche”, vista anche la composizione proprietaria, a seconda che siamo nel capitalismo familiare , nell’azionariato istituzionale, o in un misto dei due. E’ una direzione in cui mi pare che l’agenzia si stia avviando, e molto celermente se si tiene conto che le manca il supporto di una teoria. Una teoria che avrebbe dovuto coordinare le varie forme di visibilità della ricchezza: quella materiale (la bottega e il tenore di vita!), quella giuridica (l’atto solenne), quella aziendale (la rigidità amministrativa). Senza il supporto della teoria, l’agenzia è costretta a fare da sola, e quindi va piano. Ma speriamo che vada lontano.
|
Commenti