La sentenza in esame, conoscendo il funzionamento dell'IRAP per gli studi associati, ha una interpretazione univoca, ma la sua lettura oscilla continuamente tra riferimenti al reddito dello studio associato e a quelli del collaboratore. Se si presuppone che ai fini Irap è lo studio associato il soggetto passivo del tributo si comprende che la sentenza non si riferisce a un ricco
socio dello studio, bensì ad un collaboratore, cui magari era stata fatta prendere la partita iva per una posizione essenzialmente da dipendente, salvo non avere gli orari e le tutele dei dipendenti medesimi. Non sembra che la sentenza contenga una motivazione di questo equivoco tra "reddito proveniente dallo studio" , una volta coperti i costi, e quindi organizzato, e reddito semplicemente pagato dallo studio, ma ad un soggetto sprovvisto di autonoma organizzazione. Come se un tassista che percepisce corrispettivi solo da una grande azienda diventasse organizzato solo perchè il reddito è erogato da una struttura organizzata!!. L'equivoco insomma si percepisce, perchè la sentenza riguarda il collaboratore, ma la motivazione riguarda lo studio!! E' una curiosa dissociazione tra motivazione, tutta improntata sullo studio, e sentenza , che riguarda il collaboratore!! leggete questo pezzo palesemente riferito allo studio associato Va rilevato, infatti, che l’esercizio in forma associata di un’attività liberale è circostanza di per sè idonea a far presumete l’esistenza di un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonchè dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze; Bene , benissimo, ma si stava parlando del "collaboratore"!!!!!!!. Come dire che il metalmeccanico è organizzato perchè lavora alla Fiat, notoriamente organizzata!!! la via processuale al diritto tributario produce mostri, e non è certo colpa della cassazione. Ma dalla deresponsabilizzazione indotta appunto dallo scaricare tutte le grane addosso al giudice, in nome della legalità, della vincolatezza, della deresponsabilizzazione connesse alla concezione processualistica della tassazione..
Ord. n. 20499 del 6 ottobre 2011 (ud. del 5 luglio 2011)
della Corte Cass., Sez. tributaria – Pres. Lupi, Rel. Valitutti
Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) – Professioni liberali –
Studio associato – Autonoma organizzazione – Presunzione – Sussiste
Massima - L’esercizio della professione liberale in forma associata
costituisce elemento di per sé sufficiente per la sussistenza del requisito
dell’autonoma organizzazione ai fini dell’applicazione dell’Irap.
Osserva - - Rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c, è stata
depositata in cancelleria la seguente relazione:
"Con sentenza n. 101/20/08, la CTR della Lombardia rigettava l’appello
proposto dall’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Milano *1*, avverso la
sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto
dall’Avv. G.D.P., nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza
di rimborso dell’IRAP versata negli anni 2001, 2002 e 2003. Il giudice di
appello riteneva, invero, mancante - nel caso di specie - il requisito
essenziale per l’applicabilità dell’IRAP, costituito dall’abituale esercizio
di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo
scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, per essere il D.P.
inserito in uno studio legale associato. Avverso la sentenza n. 101/20/08 ha
proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate articolando due
motivi, con i quali deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697
c.c., nonchè l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della
controversia. L’intimato ha replicato con controricorso.
Il ricorso appare manifestamente fondato, in relazione ad entrambe le
censure.
Ed invero, l’impugnata sentenza fonda il rigetto dell’appello
dell’Ufficio unicamente sul presupposto dell’ inserimento del D.P. in uno
studio legale associato, il che comporterebbe, ad avviso della CTR.
l’assenza del requisito dell’abituale esercizio di un’attività autonomamente
organizzata, essenziale ai fini dell’applicabilità dell’IRAP. Tale assunto
si palesa, ad avviso della Corte, del tutto infondato.
Va rilevato, infatti, che l’esercizio in forma associata di un’attività
liberale è circostanza di per sè idonea a far presumete l’esistenza di
un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonchè dell’intento di
avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della
sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze; sicchè può ritenersi
- salvo prova contraria da parte del contribuente - che il reddito prodotto
non sia frutto esclusivamente della professionalità del singolo
collaboratore (Cass. 24058/09, 15370/07).
Nel caso concreto, la CTR ha escluso l’applicabilità dell’IRAP sulla
base del mero dato dell’essere il D.P. collaboratore di uno studio legale
associato, senza dare in alcun modo atto degli eventuali elementi di prova
che potevano indurre l’organo giudicante a ritenere che il reddito dal
medesimo prodotto non fosse in alcun modo ascrivibile all’organizzazione
costituita dal predetto studio associato. E ciò, in special modo a fronte
delle allegazioni dell’Ufficio - dettagliatamente riportate nel ricorso -
secondo cui il D.P. aveva percepito redditi cospicui dallo studio associato,
con indicazione specifica degli elementi dai quali tale elevata
redditualità, imputabile all’organizzazione, poteva desumersi. Di
conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi
dell’art. 375 c.p.c., comma 1.
- che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata
agli avvocati delle parti;
- che non sono state depositate conclusioni scritte dal p.m., mentre ha
depositato memoria l’intimato; considerato che il Collegio, a seguito della
discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto
esposti nella relazione, senza che a diversa conclusione siano idonee ad
indurre le argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria. Ed invero, va
ulteriormente ribadito che l’esercizio in forma liberale di un’attività
associata costituisce una circostanza di per sè idonea a far presumere
l’esistenza - ai fini dell’applicabilità dell’IRAP - di un’autonoma
organizzazione, presupposto essenziale dell’imposta, ed a far escludere - in
difetto, come nel caso di specie, di elementi di prova di segno contrario -
che il reddito sia prodotto esclusivamente per effetto della professionalità
del singolo collaboratore.
P.Q.M. - La Corte di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna il
controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 1.000,00, oltre spese prenotate a debito;
dichiara compensate le spese dei gradi di merito.
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