Cedolare secca sugli affitti e contrasto di interessi: “la voce” è un po’ fuorviante… Stampa
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Tributi minori
Scritto da Administrator   
Giovedì 23 Settembre 2010 15:05

di Raffaello Lupi

Come su Dialoghi avevamo indicato da tempo, il decreto legislativo 4 agosto 2010 ha introdotto, all’art.2, la cedolare secca sugli affitti tra privati su immobili abitativi , in modo da facilitare l’emersione dei redditi fondiari “non segnalati” da inquilini flessibili e informali, come sono le persone fisiche; mentre quelli amministrativamente “rigidi”, come sono normalmente enti pubblici o privati, aziende etc, tendono a registrare il contratto. C’è qualche sfasamento tra il proposito e la realizzazione, per gli immobili abitativi locati ad aziende, la cedolare secca sembra applicarsi, anche se l’azienda potrebbe segnalare l’evento, e penso alle foresterie; mi chiedo se la cedolare valga per gli abitativi locati ad uso professionale o promiscuo, cioè se debba guardarsi all’immobile o al contratto. Il comma 7 esclude le locazioni attive di  imprese ed enti , ove si pensa che sia la loro rigidità amministrativa a far emergere la ricchezza, mentre le società semplici   certamente e i trusts (forse) possono applicare la sostitutiva in quanto non sono né imprese né enti…(a proposito mi chiedo se qualcuno sa quanta parte del patrimonio abitativo italiano è intestato a persone fisiche e quanto a società?) Va bè …le solite minuzzaglie avvocatesche su casi particolari…

Ho la netta sensazione che, nel criticare questa manovra, accusandola di far perdere gettito (lo 0.78 percento del gettito irpef), due ricercatori statistici che scrivono su Lavoce.info abbiano usato come parametro tutti i redditi da locazione, compresi quelli commerciali.( http://www.lavoce.info/articoli/-fisco/pagina1001882.html) A me pare invece che dalla dichiarazione irpef, e quindi dai dati disponibili, non emerga la distinzione tra commerciali o abitativi, e tutto ricada in un unico calderone, su cui fare stime è impossibile. Anche perché i non abitativi e commerciali, pur essendo magari pochi, determinano redditi alti, che l’inquilino ha tutto l’interesse a far emergere. Per ora mettiamo sul piatto concetti e non numeri, che sarebbe faticoso elaborare.

Ma soprattutto Lavoce trascura l’utilizzazione del contrasto di interessi, su cui lei stessa era scettica http://www.lavoce.info/articoli/-fisco/pagina2453.html, trascurando una variabile non quantificabile né formalizzabile: si tratta dell’effettivo contrasto di interessi , prefiscale, tra inquilini e proprietari. Il contrasto di interessi non va infatti costruito dal fisco dove manca, ma sfruttato dove esiste, e casomai accentuato, come stiamo scrivendo assieme a Boidi e Damiani sul prossimo numero 5 di Dialoghi: la seconda parte dell’articolo 2 usa l’inquilino come arma potente per indurre il proprietario a segnalarsi. Quindi bastone e carota, per portare la tassazione tra quei rapporti interprivati dove le aziende non arrivano, e dove il controllo stenta per le ragioni che indichiamo sempre su dialoghi (cioè il tentativo di imitare le aziende, in modo contabile, quando dovrebbe essere “valutativo”). Perché il motivo è sempre quello….chi paga le tasse lo fa perché glielo chiede qualcuno, cioè le aziende , nella misura in cui sono strutturate, e magari in parallelo mentendo su altri aspetti…se non le chiedono le aziende non si può semplicemente fare appello all’onestà…bisogna che le chieda qualcun altro, o che ci siano altre pressioni, come quella minacciosa dell’inquilino.  La massima stima per gli amici de lavoce, ma per occuparsi proficuamente di tributi bisogna poter prevedere e valutare il comportamento dei contribuenti in relazione alla diversa determinabilità delle varie forme di ricchezza, ai modi in cui essa viene segnalata da chi la eroga, alle informazioni che il fisco può incrociare, e ai conflitti di interessi prefiscali tra le parti. Questa geografia economica dei comportamenti giuridici è un pò complessa, ma è un elemento previsionale indispensabile per i “decision makers”. Insomma, l’approccio economico è ottimo, però bisogna anche prevedere i comportamenti influenzati da previsioni giuridiche, cosa ben diversa dall’esposizione di normette e altri materiali (stile “qualcuno ha detto che..). Purtroppo la strada per la riunificazione tra economia e diritto , nella cornice del sapere umanistico sociale, è molto lunga.

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