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Una teoria per i tributaristi

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Home Tassazione societaria Aliquota 1 percento sugli ammortamenti delle concessionarie
Aliquota 1 percento sugli ammortamenti delle concessionarie PDF Stampa E-mail
Tassazione societaria
Scritto da Raffaello Lupi   
Martedì 19 Luglio 2011 12:55

Pur essendo rientrato, il provvedimento sull'aliquota dell'1 percento di ammortamento per le concessionarie, costituisce uno spaccato interessante di come la politica si pone davanti al  disorientamento sociale indotto dalla tassazione attraverso le aziende e come queste ultime

replichino in modo disordinato, confusionario, attento al proprio "particulare" più che al ruolo delle aziende nella tassazione. Abbiamo già visto, con gli articoli in corso di pubblicazione sulla Robin Hood tax, l'intelligente tentativo politico di reperire gettito calcando la mano su chi ha i soldi, è poco numeroso, non vota e magari è malvisto per mille altri motivi. Che avrebbero fatto passare in secondo piano le palesi distorsioni della determinazione della ricchezza provocate dall'aliquota di ammortamento in esame, che prescindeva dalla durata della concessione, e finiva quindi per concentrare la maggior parte delle deduzioni nel periodo di scadenza della concessione, quando magari non c'erano neppure più redditi da cui sottrarre il costo non ammortizzato del bene. Il modo in cui le aziende hanno reagito, pur vittorioso, dà percerti versi ragione ai proponenti, perchè il modo in cui viene percepito dall'opinione pubblica è "i concessionari di lavori protestano perchè sonostati sottoposti a una tassazione eccessiva"; anche le frasi secondo cui erano stati colpiti i lavori pubblici , o il project finance, o depressi gli investimenti. Queste storture nella determinazione della ricchezza si perdevano nella protesta verso un aggravio fiscale. Come quando si parlava di incostituzionalità, o di ostacolo alla libertà economica, o di discriminazione. La scelta politica di tassare di più qualcuno, come abbiamo scritto a proposito della robin hood tax, dopotutto si pone su un piano diverso da quello della correttezza nella determinazione della ricchezza. Dire che si tassano i ricavi senza considerare i costi, per un operatore economico, è irrazionale, e sarebbe incostituzionale anche se non ci fosse l'art.53, anche se non ci fosse neppure la costituzione. Lo stesso accade per una norma, come quella dell'1 percento, che finiva per anticpare la tassazione dei ricavi, assurdamente posticipando la deduzione dei costi, senza che vi fossero altre ragioni come la difficoltà di stima, la mancanza di informazioni, la difficoltà di gestire situazioni opposte di simmetrie fiscali, la cautela contro le elusioni e via enumerando. La logica era solo "le concessionarie hanno i soldi", sono poco amate, non votano e quindi prendiamo lì i quattrini...poi "apres moi le deluge". Le aziende non hanno saputo valorizzare, insomma, la distorsione nella determinazione della ricchezza. Dietro la quale spesso il legislatore si trincera, perchè il giudice non la capisce. Alterare i criteri di determinazione della ricchezza, in funzione di gettito, è un'operazione da manuale politico, perchè spariglia le carte. Certo è sbagliata, ma nessuno si accorge a livello di opinione pubblica dell'errore. Che quindi non conta. Qualche distratto giornalista dirà, adesso, vedi hanno fatto un favore alle autostrade, che ci levano la pelle senza fare nulla, mentre la strada è di tutti, e si arricchiscono alle nostre spalle. E se una manovra del genere fosse stata portata alla corte costituzionale avrebbe avuto più speranze di farla franca rispetto ad un aumento di aliquota, che tutti capiscono e dicono "ma viola il principio di uguaglianza"...come la robin hood tax..Passare attraverso l'alterazione del calcolo della ricchezza è spesso fruttuoso. Protestare in nome della determinazione della ricchezza con un minimo di correttezza farebbe meno presa sull'opinione pubblica, di quanto faccia l'appello agli investimenti, al project finance, alle infrastrutture etc. Tutti aspetti che con la determinazione corretta della ricchezza ai fini tributari non hanno nulla a che vedere. Ma a noi che ci importa. pensano i funzionari delle aziende, di una corretta determinazione della ricchezza, rispetto a portare a casa il risultato che riguarda noi? E in questo modo si va "in ordine sparso al macello"  Stavolta è andata bene, cioè non male, perchè la proposta era troppo assurda...ma la sua stessa presentazione indica che poteva funzionare....perchè le aziende, determinate nel proprio business, per tutto il resto giocano in difesa, sono alla mercè di demagoghi, millantatori, consulenti succhiasangue e altri vampiri di un contesto sociale che non le ama. Perchè non ne conosce il ruolo nell'organizzazione sociale.

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