Se il fornitore interpone un paradiso? (ma che colpa abbiamo noi?) |
Tassazione societaria | |||
Scritto da Raffaello Lupi | |||
Mercoledì 30 Settembre 2009 00:00 | |||
Può accadere che un fornitore decida di farsi remunerare attraverso una sua società, basata in un paradiso fiscale. Non è che il cliente possa obiettare nulla quando una società facente capo al fornitore, che si posiziona magari alle bahamas o alle cayman island, fattura per una prestazione resa per suo conto in portogallo, in sud africa, in francia o vattelappesca. Anche in Italia, direi (ma qui il discorso sarebbe lungo). Basta fatturare dicendo che la società
paradisiaca, del liechtenstein o delle isole vergini, sta fatturando per prestazioni rese in italia, grecia, germania, per suo conto. Cosa ci può fare il cliente? Imporre la fatturazione dal paese di residenza effettiva del fornitore? Oppure cambiare fornitore? Ognuno è libero di fatturare cose vere da dove vuole, e la ragione per cui la fatturazione avviene dal paradiso fiscale riguarda solo il fornitore. Il cliente potrebbe imporre di fatturare dal paese di effettivo svolgimento della prestazione, ma metterebbe in crisi il rapporto col fornitore, e finirebbe per pagare di più (oltretutto la materia imponibile per lo stato italiano si ridurrebbe!). Lo capirebbero anche i banchi, che il fornitore non c'entra nulla e non ha colpe (stacchetto musicale). Eppure il giustizialismo Peronista, in assenza di una teoria della tassazione analitico aziendale, porta a sentenze contraddittorie e sconnesse come quella allegata, che almanacca sul contratto tra società interposta paradisiaca e fornitore effettivo, come se la prima non fosse l'emanazione del secondo, e come se non fosse stato il secondo ad "appoggiare il rapporto" sulla prima. E' un riflesso della concezione moralistica dell'evasione, possiamo capirli..ma allora -come scrivevo nella prefazione a evasione paradiso e inferno- l'unica soluzione è nascondere, l'unica certezza è corrompere. Chi non può mentire, farà meglio ad emigrare, se non vuole finire alla berlina come nell'articolo allegato, inevitabile riflesso (al di là della bravura e dell'equilibrio del giornalista) di una concezione moralistica dell'evasione, che nel caso di specie non c'è, però per recuperare la coesione sociale, occorre un capro espiatorio. A chi può mentire la situazione va benissimo. E fa man bassa, come insegnano alcuni riflessi dello Scudo fiscale. Ma sul regime giuridico del dichiarato invece, se fai bianco dovevi fare nero, e se fai nero dovevi fare bianco, stacchetto musicale finale (ringrazio loredana carpentieri per la segnalazione)
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