transfer price: lo strapotere di una parte è controllo di fatto? StampaLoading...
Tassazione internazionale
Scritto da Raffaello Lupi   
Giovedì 10 Ottobre 2013 14:59

Nelle contestazioni sul transfer pricing spesso si parla di "controllo di fatto",  e qualche volta si tende ad utilizzare questo concetto in modo del tutto fuori luogo, anche per soggetti concettualmente antagonisti al fornitore, ad esempio rivenditori e distributori esclusivisti, che esercitano l'attività in modo autonomo, ma

sono condizionati di fatto dalla mancanza di possibilità di lavoro alternativo. Un pò come i dipendenti mascherati da professionisti "a partita IVA". Peccato che qui non operi quella "identità di tasche", cioè "identità economica", che consente di manipolare il corrispettivo in base alla politica di una unica azienda, semplicemente perchè le aziende sono due, in una contrapposizione di interessi, anche se l'interesse del fornitore-produttore  è spesso prevalente rispetto a quello del distributore.  Se il fisco va dal distributore e pretende di rettificargli i prezzi di acquisto, applicando quelli rilevati presso distributori con più poteri contrattuali nei confronti del produttore, sta semplicemente usando un "comparable" non omogeneo. Cioè sta utilizzando un rapporto negoziale in cui il venditore ha meno margini di manovra come pietra di paragone per valutare la congruità di un rapporto in cui il venditore può invece imporre "patti leonini". In realtà il caso del controllo di fatto è diverso, e si riferisce a situazioni in cui esistono vincoli contrattuali di altro tipo, che "mascherano" un controllo di diritto. Ad esempio il caso in cui il titolare dell'azienda formalmente indipendente , rivenditrice in Italia dei prodotti e che chiude a zero, senza profitti, è sostanzialmente un interposto messo lì dal produttore, che gli ha organizzato lui l'azienda, nella sostanza una specie di "branch" del produttore estero. Qui non c'è una condizione capestro a una impresa indipendente, ma la costruzione di una "finta impresa indipendente", che in realtà maschera una sede secondaria, o una società collegata. Il controllo di fatto è quindi una sorta di "eterodirezione organizzativa" e non può essere confuso con l'imposizione di  condizioni capestro a una impresa autoorganizzata. Sarebbe ridicolo unire alle "condizioni capestro"   , per una impresa genuina, anche un rilievo di "transfer pricing".

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