con il concorso possiamo già sanzionare i consumatori finali? StampaLoading...
Sanzioni
Scritto da RL presenta uno scritto di lorenzo del federico   
Domenica 15 Aprile 2012 07:15

In parecchi interventi abbiamo già discusso il coinvolgimento del cliente consumatore finale nella determinazione della ricchezza ai fini tributari, e discutendone con lorenzo del federico, è emerso l'istituto del concorso di persone, già esistente nell'ordinamento sanzionatorio. >Dalla conversazione è nato un breve appunto che sarà ripreso su dialoghi, ma che intanto è bene rendere pubblico, per consentire un intervento anche ad altri. Ad avviso  di raffaello lupi, il fisco  non potrà mai dimostrare che c'è stato un accordo per la riduzione del prezzo, e comunque non si vede come il consumatore finale possa essere coinvolto  nell'irpef del fornitore, mentre nell'IVA è curiosa una responsabilità per le sanzioni se il consumatore finale è esente verso il fisco  da una responsabilità per il tributo...comunque le operazioni "a scontrino" e "a ricevuta" vanno fuori, perchè non c'è una responsabilità per il cliente che omette la richiesta dello scontrino o della fattura e noi la reintroduciamo con il concorso? Anche nelle operazioni "a fattura" il consumatore finale non ha alcun onere di "richiedere la fattura" , ma è il fornitore che la deve "fare" . Comunque la norma sul concorso è una delle tante disposizioni  messe lì per un puntiglio  teorico, che poi restano lettera morta nei fatti, complicando solo la vita reale. Quando una norma resta lettera morta per 15 anni...non è un problema di chi non l'applica , ma un problema di chi l'ha fatta...comunque le riflessioni  di lorenzo  sono simpatiche, anche la sovrapposizione tra "mondo legale" e "mondo reale" è abbastanza chiara, ma è colpa dell'appiattimento del diritto  sui materiali

Prima di implementare nuove norme sanzionatorie è bene fare il punto sul concorso di persone ex art. 9 D.Lgs. n. 472/1997

 

Negli ultimi tempi si prospetta in più sedi, e da più parti, l’opportunità di introdurre norme volte a responsabilizzare i terzi a fronte di comportamenti illeciti del contribuente, cui essi in qualche modo partecipano.

Sintomatica di tale tendenza è l’art. 6 della bozza di legge delega per la riforma fiscale (in fase di elaborazione), il cui art. 6, dedicato alla codificazione dell’abuso ed alla revisione della disciplina dell’elusione fiscale, prevede una <> ad <>.

Un intervento del genere risulterebbe inutile ed ambiguo, e di certo darebbe luogo a molteplici imprevedibili e non volute ripercussioni sul sistema sanzionatorio amministrativo e penale.

Altrettanto dicasi a proposito dell’ipotesi, talvolta formulata, di introdurre norme per responsabilizzare i consumatori finali in caso di cessioni di beni e/o prestazioni di servizi per le quali si concordi l’omessa fatturazione con il cedente o prestatore del servizio, soggetto IVA.

Limitando le considerazioni che seguono al profilo dell’illecito amministrativo tributario si rammenta che i decreti legislativi 18.12.1997, nn. 471, 472 e 473 hanno optato decisamente per la concezione "punitiva" delle sanzioni amministrative tributarie.

In tale contesto il  D. Lgs. n. 472/1997 ha introdotto, all’art. 9, il concorso di persone.

Si è trattato di  un'assoluta novità, anche se in passato parte della dottrina aveva ipotizzato la corresponsabilità solidale dei coautori atipici ex art. 11, L. n. 4/1929, intendendo "l'imputabilità" di cui parla detta norma in senso ampio, come materiale riferibilità anche ad essi degli atti apprezzabili ai fini della realizzazione della violazione[1].

Anche coloro che ritenevano applicabile la legge n. 689/1981 alle sanzioni tributarie escludevano l'operatività del concorso ex art. 5 legge cit., in ragione del divieto di analogia in malam partem[2].

 

L’art. 9 del D.Lgs. n. 472/1997 come norma di sistema

Il D. Lgs. n. 472/1997 ha introdotto il concorso in materia tributaria, in sintonia con la sua marcata opzione punitiva; d’altro canto nella delega il richiamo all'art. 5 della legge n. 689/1981 era esplicito ed inequivocabile.

L’esperienza maturata dimostra che nel sistema dell’illecito amministrativo il concorso è destinato ad operare soltanto in casi macroscopici, anche in ragione delle difficoltà di accertamento del fatto da parte dell'Amministrazione, che in genere si limita al riscontro formale delle violazioni da parte dei naturali destinatari delle norme. Tuttavia ciò non deve indurre a sottovalutare la portata dell'istituto, non fosse altro che per le indubbie peculiarità della materia tributaria, che non di rado impone di formalizzare il rapporto fra contribuenti e consulenti, CAF ovvero altri soggetti coinvolti in un modo o nell’altro nell’attuazione degli obblighi fiscali; comunque elementi di prova potranno essere tratti agevolmente dalla corrisponedenza intercorsa, dal pagamento delle parcelle, dalla attestazione di conservazione delle scritture contabili ex art. 52, 10 co., D.P.R. 26.10.1972, n. 633 ecc.

Secondo la giurisprudenza -al pari dell'art. 9 in esame- <>[3]. Ed invero i tradizionali elementi indispensabili per poter configurare il concorso di persone nell'illecito sono: -una pluralità di agenti; -la realizzazione dell'elemento oggettivo dell'illecito da parte di almeno uno degli agenti; -il contributo causale di ciascuno alla verificazione del fatto; -la volontà di cooperare alla commissione dell'illecito (pertanto asssistere passivamente alla commissione di un’illecito da parte di chi avrebbe la possibilità, ma non il dovere giuridico, di impedirlo, così come averne conoscenza o manifestare adesione morale non rileva ai fini del concorso[4]).

 

Il professionista può rispondere a titolo di concorso

Il dibattito immediatamente apertosi sull'eccessivo rigore della norma, in una materia, come quella tributaria, caratterizzata dalla scarsa certezza del diritto, ha visto taluni tentare di circoscrivere in via intrepretativa il concorso di persone alla sola compartecipazione dolosa, valorizzando spunti dogmatici incentrati sull'art. 110 C.P.; viceversa secondo l’orientamento prevalente l'art. 9 ricomprendeva il mero concorso colposo, anche in ragione del fatto che la lett. b) della delega rinchiamava l'art. 5 della legge n. 689/1981 e non l'art. 110 C.P.; la Relazione ministeriale al D.Lgs. n. 472/1997, dal canto suo, invocava l'esimente delle obiettive condizioni di incertezza (art. 6, 2 co.), osservando che essa rileva sopratutto <>, per cui <>.

Il Legislatore è intervenuto, molto opportunamente, con il decreto correttivo n. 203/1998, disponendo che <> (v. art. 5, 1 co., seconda parte); si tratta di una soluzione di compromesso conforme alla ratio dell'art. 2236 C.C.[5].

Secondo la prassi amministrativa questa limitazione di responsabilità non riguarderebbe soltanto i soggetti esercenti una libera professione, <>; conseguentemente rientrerebbero nell'ambito soggettivo di applicazione della norma tutti i soggetti comunque esercenti attività di consulenza tributaria, ed anche <> (Min. Fin. circ. n. 180-E/1998).

Tuttavia in questi termini la questione è mal posta e la soluzione prospettata suscita profonde perplessità: invero, in sintonia con la corrente applicazione dell'art. 2236 C.C., e dei principi generali in tema di responsabilità del prestatore d'opera, la limitazione di responsabilità non può mai giovare all'operatore generico che ometta di consultare un qualificato specialista; tale limitazione può operare soltanto nei casi in cui la difficoltà non è riconoscibile dal prestatore d'opera medio, o non è possibile ricorrere ad uno specialista, o la difficoltà sussiste anche per gli specialisti. Qualche spunto in tal senso è offerto dalla stessa prassi amministrativa che, per quanto riguarda l'applicazione dell'art. 10 per errore incolpevole, attribuisce ruolo decisivo ai criteri di scelta del consulente, valorizzando il profilo soggettivo della culpa in eligendo.

Salvo che per le violazioni commesse nell'esercizio di attività di consulenza tributaria particolarmente complessa il concorso di persone è configurabile anche in presenza di colpa lieve, come si desume non solo dalla lett. b) della delega, che richiamava l'art. 5 della legge n. 689/1981 e non l'art. 110 C.P., ma anche dall'art. 11, 5 co., che presuppone la configurabilità del concorso colposo laddove prevede l'irrogazione di sanzioni diverse ai singoli concorrenti anche per le violazioni commesse con colpa lieve (conf., su tale secondo rilievo, Min. Fin. circ. n. 180-E/1998).

 

Concorso e solidarietà

L'art. 9 si chiude con una norma del tutto in linea con la tradizionale concezione dell'art. 11 della legge n. 4/1929, disponendo che <>.  Infatti <> (così la Relazione ministeriale).

La solidarietà è peraltro letteralmente limitata alle sanzioni per illeciti omissivi, per cui in presenza di illeciti commissivi (si pensi alla dichiarazione infedele), ancorchè susssista solidarietà nell'obbligazione tributaria sostanziale, si riespande il modulo dell'ordinario concorso ex art. 9, prima parte.

 

Conclusioni

Tanto premesso è scontato che il professionista, così come il consumatore finale in caso di cessioni di beni e/o prestazioni di servizi, e più in generale ogni coautore atipico rispetto alla violazione del precetto tipicamente riferibile al contribuente,  può assumere una responsabilità a titolo di concorso ex art. 9 D. Lgs. n. 472/1997.

Ovviamente sul piano del concorso nell’illecito amministrativo, così come del concorso nel reato, per poter configurare il concorso di persone necessitano: -una pluralità di agenti; -la realizzazione dell'elemento oggettivo dell'illecito da parte di almeno uno degli agenti; -il contributo causale di ciascuno alla verificazione del fatto; -la volontà di cooperare alla commissione dell'illecito.

Stando al caso, elementare, del consumatore finale, se costui chiede la fattura al soggetto IVA, cedente del bene, o prestatore del servizio, ma pur avendola chiesta, e pur non avendo ottenuto particolari sconti ho vantaggi, non la riceve, di certo non sarà punibile a titolo di concorso. Viceversa ove il consumatore finale si accorda con il soggetto IVA, negoziando uno sconto, o altri vantaggi, a fronte della omessa fatturazione, allora certamente sarà configurabile una sua responsabilità a titolo di concorso.

Per il professionista, la banca d’affari o altro soggetto che offre un contributo causale, cooperando alla realizzazione di una operazione fiscale abusiva-elusiva il quadro non cambia, e del resto si ha notizia di qualche iniziale timida applicazione, anche in casi del genere, dell’art. 9 D. Lgs. n. 472/1997.

Pertanto c’è da augurarsi che si studino e si attuino appieno le norme vigenti, piuttosto che dar corso ad ulteriori pletorici interventi legislativi.



[1] Era la tesi di MARTORANA, A., L'illecito amministrativo tributario e le relative sanzioni pecuniarie, I, in Riv. dir. fin., 1973, I, 266, prudentemente e problematicamente riproposta ad es. da LUPI,  R., Lezioni di diritto tributario, Milano 1992, 347, nota 22, e 444, e CORDEIRO GUERRA, Illecito tributario e sanzioni amministrative, Milano 1996, 369-374.

[2] Isolata la contraria opinione di MISCALI, Contributo alla teoria generale delle sanzioni tributarie: la pena pecuniaria, in Dir. prat. trib., 1985, I, 362.

[3] Cass. 18.7.1990, n. 7336; Min. Fin. circ. n. 180-E/1998.

[4] Cass. pen., 23.10.1978, in Giust. Pen., II, 399; Cass. pen. 5.2.1998, n. 3924, in Cass. pen. 1999, 1444.

[5] Richiamato sia dalla Relazione ministeriale al D. Lgs. n. 203/1998, sia da Min. Fin. circ. n. 180-E/1998.

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