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Controlli e contenzioso
Scritto da Raffaello Lupi   
Martedì 15 Maggio 2012 23:32

Oggi  il sole 24 ore titolava una pagina intera sulla sentenza della cassazione secondo cui, a proposito di un caso più volte esaminato su dialoghi tributari sono impugnabili gli avvisi bonari, e altri atti  non notificati formalmente. E' la riprova che  la pubblicistica d'informazione, quantunque meditata, non può

sostituire una organica riflessione di  una comunità di studiosi, che organizzino e coordinino le riflessioni diffuse in materia di tributi; la mancanza, ed anzi l'esempio inverso che fornisce nel complicare che abbiano come principale obiettivo sistematizzare e spiegare, anziche -all'inverso- complicare le questioni semplici  con uno sproloquio vacuamente erudito, prolisso  e avvocatesco, che finisce sempre per divagare sul "qualcuno dice che". La pagina del sole è l'ennesima conferma del fallimento della via legalistico-avvocatesco-professionale al diritto tributario, dove la professione inevitabilmente  non sistematizza, ma semina incertezze dirette alla promozione del servizio professionale. Qui la confusione deriva dalla preoccupazione della consolidazione dell'avviso bonario come atto impugnato. Andiamo al di là dell'ovvia constatazione che un atto portato a conoscenza per posta ordinaria, senza forme legali, può divenire definitivo a danno del contribuente  solo se questo ammette di averlo ricevuto. Facendo  richiesta di chiarimenti o di autotutela per iscritto all'ufficio il contribuente può ammettere di aver ricevuto l'avviso. Qui scattano una serie di espedienti, come quello suggerito da antonio iorio all'agenzia di rendere più generici gli avvisi in modo da togliere loro il fumus di atto impugnabile..ma in questo modo l'atto diventa generico e incomprensibile. Alcuni commercialisti potrebbero suggerire di andare a chiedere informazioni all'agenzia senza ammettere di aver ricevuto  l'atto. E' chiaro che così le possibilità di equivoci si moltiplicano, e per evitarli occorre recuperare il concetto amministrativistico di atti impugnabili e quello di contraddittorio amministrativo. Dove la "possibilità di impugnazione" e l'"obbligo di impugnazione" qualche volta non coincidono. Dopotutto l'avviso bonario manifesta una perplessità dell'ufficio fiscale, e proprio in quanto bonario è -in un certo senso- un "invito al contraddittorio". Cioè manifesta una ipotesi che l'autorità pubblica chiede al contribuente di  verificare. Ed è del tutto normale consentire il ricorso immediato se il contribuente capisce l'inutilità del dialogo amministrativo, ad esempio perchè prevede che l'amministrazione, visto il quadro legislativo e circolari  amministrative, non recederà mai dalla propria pretesa. Se invece il contribuente capisce che c'è sotto un equivoco nei sistemi informativi e nei  flussi di dati, è del tutto  inutile obbligarlo a presentare ricorso. Ma i tributaristi , con i cervelli atrofizzati dall'appiattimento sui "materiali" non afferrano le sfumature che, fuori dal loro orticello secco, si celano dietro il concetto amministrativistico di "atto impugnabile".

 

Anche le riflessioni di Michele Procida e Bendetto santacroce, sul sole di oggi, anche se più fasate, girano abbastanza a vuoto rispetto a questo problema

Con la sentenza sugli «avvisi»
La Cassazione moltiplica i ricorsi fiscali
Michele Procida
Benedetto Santacroce
Nella sentenza 7344/12 la Corte di cassazione afferma l'autonoma impugnabilità delle comunicazioni di irregolarità emesse a seguito delle procedura di liquidazione (articoli 36-bis del Dpr 600/73 e 54-bis del Dpr 633/72) e di controllo formale (articolo 37-ter del Dpr 600). Finora si riteneva che tali comunicazioni non fossero impugnabili avendo unicamente lo scopo di indurre il contribuente al versamento spontaneo delle maggiori imposte a fronte di uno sconto della sanzione di omesso versamento. Nella sentenza, invece, si afferma che a tale scopo si affianca quello di portare a conoscenza del contribuente una pretesa fiscale compiuta. Il ragionamento appare ineccepibile e si fonda sul diritto costituzionale di difesa (articolo 24) e sull'ampliamento della giurisdizione tributaria (legge 448/01).
Tuttavia l'articolo 25 del Dpr 602/73 impone al Fisco di notificare le cartelle emesse a seguito dell'attività di liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni entro il termine perentorio del 31 dicembre rispettivamente del terzo e del quarto anno successivo a quello della dichiarazione. Inoltre nella sentenza si afferma che «l'emissione della cartella di pagamento integra una pretesa tributaria nuova rispetto a quella precedente che sostituisce l'atto originario e ne provoca la caducazione d'ufficio». Pertanto non è neppure possibile considerare la cartella come un semplice atto conseguente alla comunicazione di irregolarità come tale da non impugnare (essendo stata impugnata la comunicazione di irregolarità) se non per vizi propri. Ne consegue che l'apparente maggior tutela del contribuente si risolve in realtà in un danno, giacché invece che un solo ricorso ne devono essere fatti due, con la conseguenza di una duplicazione del contributo unificato, degli oneri professionali e con il rischio di condanna alle spese di giudizio nel primo ricorso.
L'amministrazione finanziaria e le Commissioni tributarie si troverebbero, poi, a dover gestire per gli atti della specie un raddoppio sia del contenzioso che delle procedure di reclamo/mediazione (se la comunicazione ha un valore compreso nei 20.000 euro).
Inoltre, la sentenza implicitamente pone il tema se la comunicazione di irregolarità "possa" o piuttosto "debba" essere impugnata. In tale seconda ipotesi, infatti, sopravvengono conseguenze pregiudizievoli per tutti i contenziosi pendenti (oramai da dieci anni) proposti contro i ruoli e le cartelle di pagamento ma non contro le comunicazioni di irregolarità che le hanno precedute, per effetto di quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 19, secondo cui «ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri». La questione, se posta in concreto nei giudizi pendenti, dovrà essere risolta sulla base dei principi giurisprudenziali in tema di overruling (Cassazione civile, sentenza n. 15144/11) mediante una rimessione in termini o, meglio, una dichiarazione di irrilevanza dell'omessa impugnazione della comunicazione di irregolarità.

 

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CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA DEL 11 MAGGIO 2012, N. 7344


5) Il primo motivo di ricorso della (X) Banca ……, soc. coop. p.a. è fondato ed è assorbente degli altri.

L’elencazione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario, di cui all’art. 19 del DLgs. n. 546 del 1992, non esclude l’impugnabilità di atti non compresi in tale novero ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa Tributaria (Cass. 8.10.2007, n. 21045).

Va, al riguardo, operata una precisazione nel senso che l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nell’art. 19 DLgs. n. 546 del 1992, tenuto conto dell’allargamento della giurisdizione Tributaria operato con la legge n. 448 del 2001, deve essere interpretata alla luce delle norme costituzionali di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.) e di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.), riconoscendo la impugnabilità davanti al giudice tributario di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa Tributaria, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è “naturaliter” preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato.

L”‘aver consentito l’accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi, comporta … la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta la Amministrazione manifesti (anche attraverso la procedura del silenzio-rigett o) la convinzione che il rapporto tributario (o relativo a sanzioni tributarie) debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare (in assenza di simile manifestazione di volontà espressa o tacita non sussisterebbe l’interesse del ricorrente ad agire in giudizio ex art. 100 c.p.c. ).”. (Cass. SS.UU.,10.8. 2005, n. 16676).

Va, quindi, riconosciuta la possibilità di ricorrere alla tutela del giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa Tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa propria di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 cit. atteso l’indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione di quella notizia, dell’interesse (art. 100 c.p.c. ) a chiarire, con pronuncia idonea ad acquistare effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale – ormai, allo stato, esclusiva del giudice tributario – comunque di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico (Cass., SS.UU., 27. 3.2007 n. 7388).

Si deve, quindi, riconoscere la ricorribilità di provvedimenti davanti al giudice tributario ogni qual volta vi sia un collegamento tra atti della Amministrazione e rapporto tributario, nel senso che tali provvedimenti devono essere idonei ad incidere sul rapporto tributario, dovendosi ritenere possibile una interpretazione non solo estensiva ed anche analogica della categoria degli atti impugnabili previsti dall’art. 19 DLgs. 546/92.

Costituisce, ormai, principio affermato che con l’art. 12, comma 2, della L. 28 dicembre 2001, n. 448 (secondo cui “appartengono alla giurisdizione Tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie”) la giurisdizione Tributaria è divenuta – nell’ambito suo proprio – una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari. Di conseguenza, è stato modificato l’art. 19 del DLgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto il contribuente può rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta abbia interesse a contestare (art. 100 del codice di procedura civile) la convinzione espressa dall’Amministrazione in ordine alla disciplina del rapporto tributario.

Pertanto, nonostante l’elencazione tassativa degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 del DLgs. n. 546 del 1992, il contribuente può impugnare anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco, purché espressione di una compiuta pretesa Tributaria.

La mancata ricorribilità di tali atti davanti al giudice tributario comporterebbe una lacuna di tutela giurisdizionale, in violazione dei principi contenuti negli artt. 24 e 113 Cost. perché “il carattere esclusivo della giurisdizione Tributaria non consente che atti non impugnabili in tale sede siano devoluti, in via residuale, ad altri giudici, secondo le ordinarie regole di riparto della giurisdizione (Cass., SS.UU., 27. 3.2007, n. 7388; Cass. SS.UU. ord. n. 13793/2004).

Pertanto anche la comunicazione di irregolarità , ex art. 36-bis, comma 3, DPR n. 600/73 che ha tali caratteristiche, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile.

6) Nelle more del giudizio, è, tuttavia, stata emessa cartella di pagamento con riferimento alla medesima pretesa di cui alla comunicazione di irregolarità, ex art. 36-bis, comma 3, DPR n. 600/73, annullata dalle Commissioni tributarie provinciali e regionali chiamate a pronunciarsi al riguardo, con sentenze confermate da questa Corte nelle cause riunite n. R.G. 10 19729 (8) R.G. 11 4458 (9) R.G. 11 4922 (10) R.G. 11 17861 (11), oggetto del presente giudizio.

Le citate cartelle sostituiscono la precedente comunicazione di irregolarità e va, quindi, dichiarata la carenza di interesse delle parti relativamente al primo atto di natura impositivo impugnato (comunicazione di irregolarità), essendosi, peraltro, formato il giudicato, con la presente sentenza, in ordine alla medesima pretesa tributaria avanzata dalla Amministrazione finanziaria con le cartelle di pagamento impugnate, in sostituzione della comunicazione di irregolarità.

L’emissione della cartella di pagamento integra una pretesa Tributaria nuova rispetto a quella originaria che sostituisce l’atto precedente e ne provoca la caducazione d’ufficio, con la conseguenza carenza di interesse delle parti nel giudizio avente a oggetto il relativo rapporto sostanziale, venendo meno l’interesse a una decisione relativa a un atto – comunicazione di irregolarità – sulla cui base non possono essere più avanzate pretese tributarie di alcun genere, dovendosi avere riguardo unicamente alla cartella di pagamento che lo ha sostituito integralmente.

Le ulteriori questioni degli altri ricorsi riuniti rimangono assorbite.

Stante la particolarità delle questioni principali vanno compensate le spese di lite dell’intero giudizio.

PQM

Riunito al presente ricorso i ricorsi n. R.G. 6264/2010, n. 19729/2010, n. 4458/2011, n. 4922/2011, n. 17861/2011,

Rigetta

I ricorsi n. R.G. 19729/R.G. 4458/11, R.G. 4922/11, R.G. 17861/2011.

Accoglie

I ricorsi R.G. 10 3380 (n. 6) e R.G. 10 6264 (n. 7) e cassa senza rinvio l’impugnata sentenza.

Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.
http://www.fiscoediritto.it/?page_id=12124

Francamente m'è parso un po' eccessivo il complesso dei commenti sulla sentenza: la Cassazione va semplicemente a ribadire l'impugnabilità di un atto che contenga la pretesa impositiva....non mi pare che costringa il contribuente ad impugnare l'avviso bonario/comunicazione di irregolarità....anzi é la scelta forse del contribuente di aderire alle teorie del movimento processualista "impugnativa continua" che costringe lo stesso ad impugnare tanto la comunicazione di irregolarità che la cartella di pagamento.
Presumo che se il contribuente avesse impugnare il provvedimento di iscrizione a ruolo unitamente alla cartella di pagamento avrebbe ottenuto lo stesso esito
http://fiscoediritto.nohup.it/?page_id=4600
avatar FaGal
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COMUNICATO STAMPA
Avvisi bonari, i chiarimenti dell’Agenzia

In merito ad alcuni recenti articoli di stampa che hanno riproposto il tema della
impugnabilità delle comunicazioni di irregolarità (cosiddetti avvisi bonari), l’Agenzia
delle Entrate conferma la propria adesione all’orientamento prevalente della
giurisprudenza di legittimità, ribadito dalle sentenze a Sezioni Unite della Cassazione
(SS.UU.) n.16293/2007 e n.16428/2007, secondo cui è esclusa l’impugnabilità degli
avvisi bonari, con i quali si invitano i contribuenti a fornire eventuali dati o elementi
non considerati o valutati erroneamente in sede di liquidazione delle dichiarazioni.
L’emanazione della sentenza della Corte di Cassazione n.7344/2012, peraltro emessa in
relazione a controversia riguardante anche il ruolo che solo incidentalmente si è
occupata dell’impugnabilità degli avvisi bonari, di per sé non giustificherebb e, infatti,
un’eventuale modifica dell’orientamento fin qui costantemente tenuto dall’Agenzia.
Gli Uffici, pertanto, continueranno a sostenere l’inammissibilità dei ricorsi
eventualmente proposti contro gli avvisi bonari.
La tutela giudiziale delle ragioni del contribuente potrà comunque essere esercitata in
sede di impugnazione del ruolo: solo con la notifica della cartella di pagamento, infatti,
l’effettiva pretesa tributaria viene portata a conoscenza del contribuente.
Coerentemente con questo orientamento, gli Uffici dell’Agenzia si asterranno dal
chiedere l’inammissibilità del ricorso contro il ruolo per mancata impugnazione
dell’avviso bonario.
Roma, 23 maggio 2012
avatar Fagal
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Ci si potrebbe chiedere se non sia il caso di ripensare anche alla riscossione delle somme dovute a seguito di controllo automatizzato (36bis Dpr 600/73 54bis Dpr 633/72), ossia nel caso di liquidazione della dichiarazione trasmessa dal contribuente così come per il controllo formale della dichiarazione (art. 36ter D.p.r. 600/73).
Sarebbe sufficiente che l'avviso bonario prevedesse un termine di sessanta giorni entro il quale si può aderire o chiedere la revisione della pretesa. In assenza di provvedimento di riesame o qualora il contribuente non vedesse accolte interamente le proprie ragioni potrebbe proporre ricorso entro i successivi 60 giorni, con affidamento in carico all'Agente della riscossione delle somme da riscuotere....Una procedura analoga all'accertament o esecutivo
avatar FaGal
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E' tempo per la conversione dell'avviso bonario/comunicazione di irregolarità, in un avviso di addebito esecutivo, con un'uniformità della disciplina in materia di riscossione anche per i tributi iscritti a ruolo senza preventivo accertamento
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