L'accertamento da voluntary è impugnabile senza perdere i benefici? |
Tassazione internazionale | |
Scritto da Stefano Carmini, RL | |
Giovedì 07 Gennaio 2016 22:07 | |
Dopo la scadenza del termine per la "voluntary disclosure", chi ha presentato istanze e relazioni attende ora l'atto di contestazione, il formale invito al contraddittorio e, poi, l'accertamento che, eventualmente, concluderà il procedimento di adesione, previsto dal D.Lgs n. 218/1997. Ma che cosa succede se il contribuente ritiene erronea e/o illegittima, la determinazione dell'Agenzia? Anche qui la legislazione trae in inganno, in quanto sembrerebbe che l'Art. 5 quinquies della L. 186/2014 e come indicato dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 10/E del 13.2.2015, impedisca il perfezionamento della procedura "In caso di mancato versamento" delle imposte liquidate, e quindi mancata produzione degli effetti premiali amministrativi, e, soprattutto, penali. La soluzione è senz'altro corretta in caso di immotivato rifiuto di pagamento, che concreta una "non collaborazione", ma non quanto costruttivamente il contribuente faccia valere un errore dell'Agenzia nel calcolare le imposte e le sanzioni dovute, applicando male le norme vigenti e/o anche solo, più banalmente, commettendo errori di calcolo (inutile fare, in questa sede, una rassegna sugli specifici effetti in relazione ai quali potrebbe esserci divergenza di vedute nell'applicazione delle norme vigenti, tra contribuente e Ufficio, essendo davvero molto varia la casistica). Ebbene, in una simile situazione, tutt'altro che irrilevante e/o improbabile, da cui potrebbe derivare una determinazione del quantum dovuto profondamente diversa da quella prospettata al contribuente dal proprio professionista, occorre chiedersi cosa accada ove il contribuente impugni l'accertamento e/o l'atto di contestazione, come ormai è stato riconosciuto possibile, avanti alla Commissione Tributaria competente. Appare fondatamente sostenibile la possibilità del contribuente, che ha solo fatto valere il proprio buon diritto, di invocare comunque gli effetti premiali, versando quanto dovuto come risultante dalla "riscossione frazionata" applicata a tutti gli ordinari accertamenti, com'è anche quello in esame. Avete voluto l'accertamento? Adesso pedalate! (RL) Mi pare ineccepibile subordinare il perfezionamento di procedure già definite, come l'accertamento con adesione, al versamento dell'imposta. Mentre sarebbe un atto di fede subordinare al versamento dell'imposta una procedura avente ad oggetto somme che l'ufficio deve ancora determinare. Nell'adesione, prima si concorda , poi si versa e se non si versa si perdono le riduzioni da concordato. Nella voluntary, dove prima si dichiara, senza autoliquidare e poi si attende l'accertamento, se questo è erroneamente calcolato rispetto ai presupposti indicati dal contribuente , l'impugnazione è l'unica strada compatibile con lo stato di diritto. Commenti da twitter Stefano Capaccioli @s_capaccioli 8 h8 ore fa Andrea Giovanardi @giovanardiandre 1 h1 ora fa Giuseppe Gargiulo @ggargiulo3 1 h1 ora fa Antonio Tomassini @Anto_Tomassini 2 h2 ore fa
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Commenti
Occorrerebbe, dunque, immaginare di essere costretti a versare per intero (imposte, interessi e sanzioni) quanto richiesto dall’Ufficio e poi ottenere il rimborso dell’indebito, all’esito del giudizio (se favorevole), ma, in ogni caso, perdendo le agevolazioni in termini di riduzione delle sanzioni, poiché esse sono previste solo in caso di adesione, che, in questo caso, non c’è stata solo perché l’accertamento dell’Ufficio era illegittimo.
In pratica, se si ha la sfortuna di capitare sotto un funzionario che non conosce il suo mestiere, si può subire un gravissimo, insensato, pregiudizio.
La soluzione dovrebbe essere quella di poter ottenere le medesime riduzioni delle sanzioni su quanto dovesse risultare legittimamente dovuto, all’esito del giudizio stesso (se favorevole), perché, tutto sommato, si tratta di una riliquidazione delle imposte che deriva da una dichiarazione spontanea (la quale merita un apprezzamento), perdendo, invece, ogni effetto premiale, in caso di integrale soccombenza.
La soluzione del solve et repete mi pare da escludere, ove si definisca l’accertamento in adesione (aderendo all’invito o previo contraddittorio), stante il chiaro disposto dell’Art. 2, comma 3, del D. Lgs. 218/97.
Occorrerebbe, dunque, immaginare di essere costretti a versare per intero (imposte, interessi e sanzioni) quanto richiesto dall’Ufficio e poi ottenere il rimborso dell’indebito, all’esito del giudizio (se favorevole), ma, in ogni caso, perdendo le agevolazioni in termini di riduzione delle sanzioni, poiché esse sono previste solo in caso di adesione, che, in questo caso, non c’è stata solo perché l’accertamento dell’Ufficio era illegittimo.
In pratica, se si ha la sfortuna di capitare sotto un funzionario che non conosce il suo mestiere, si può subire un gravissimo, insensato, pregiudizio.
La soluzione dovrebbe essere quella di poter ottenere le medesime riduzioni delle sanzioni su quanto dovesse risultare legittimamente dovuto, all’esito del giudizio stesso (se favorevole), perché, tutto sommato, si tratta di una riliquidazione delle imposte che deriva da una dichiarazione spontanea (la quale merita un apprezzamento), perdendo, invece, ogni effetto premiale, in caso di integrale soccombenza.