Rinviato il nuovo rito collettivo dello spesometro StampaLoading...
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Economia, diritto e tassazione
Scritto da Raffaello Lupi   
Mercoledì 29 Giugno 2011 08:26

Si allontana, con giusti nuovi rinvii, uno strumento d'immagine, che non può funzionare...uno di quei riti con cui la politica cerca di esorcizzare in qualche modo il fantasma della ricchezza nascosta. Lo spesometro, e l'accertamento sintetico sono un'ottima risposta politica al disorientamento sociale davanti al mancato funzionamento della tassazione attraverso le aziende, sulla ricchezza dove queste non arrivano. La società italiana, senza testa per via del fallimento della comunità scientifica dei tributaristi, è costretta a inventarsi qualcosa per lenire le proprie

lacerazioni, indotte dalle recriminazioni reciproche connesse alle grossolane spiegazioni  basate su inestà e disonestà..quindi  viene l'idea di prendere il toro per la coda, e di ricostruire il reddito partendo dalla spesa. Perchè chi spende non è organizzato , non è rappresentato, e quindi il redditometro è "ecumenico" , si presenta bene, viene incontro al discorso della gente al bar "ma perchè se dichiari così poco hai il SUV?", fronteggia quel grado di  invidia sociale  che pervade una società sempre più impoverita, insomma spariglia le carte e consente di prendere tempo, dicendo qualcosa in conferenza stampa, che è la missione dei politici. Tanto l'opinione pubblica ha la memoria corta, ed è miope, non ricorda che erano gli  stessi effetti di annuncio proclamati dal ministro Goria nel 1993, ai tempi della dichiarazione "lunare". Intanto si va avanti, domani è un altro giorno, questa è la regola della politica, che non può certo sostituirsi ad una accademia balbuziente, perchè fatta di avvocati che quando alzano gli occhi dalle loro cause, fanno divagazioni generiche come tutti gli altri studiosi o operatori della convivenza sociale...solo un pò più contorte, per apparire "scientifici" . L'accertamento sintetico di massa va anche benissimo come tranquillante sociale, del tutto legittimo, ci mancherebbe altro, anch'io avrei fatto così. Lo spesometro è politicamente ottimo, ma sul piano  della determinazione della ricchezza è una inevitabile farsa, cui è costretta una società che sul fisco è "senza testa".  Partire dalla spesa può integrare la tassazione in base alla fonte (hai un'attività a tempo pieno, guadagni poco e spendi, vuol dire che evadi!), ma è demenziale pensare che possa essere sostitutivo. Se il nostro apparato amministrativo , grazie alle idee "a-valutative" e pararagionieristiche avallate dall'accademia (vincolatezza, indisponibilità, etc.) ha fatto fiasco davanti a un paio di milioni di "autonomi" che palesemente dichiaravano cifre non credibili, come potrà riuscire a gestire presunzioni basate sulla spesa per tutti gli italiani? La spiegazione secondo cui serviva "una fonte di innesco" è patetica, visto che le fonti di innesco sono un multiplo galattico delle possibilità di seguirle: basta farsi una passeggiata con in mano le dichiarazioni  fiscali, incrociandole con la percezione visiva delle attività sottostanti per avere molte più fonti di innesco di quelle che si è in grado di seguire.

L'errore vero è quello di affrontare queste verifiche con la stessa mentalità legalistico contabile tipica della determinazione ordinaria delle imposte da parte delle aziende. Qui c'è una riflessione teorico generale importante sulla portata strutturalmente presuntiva di versamenti, spese, prelevamenti e altri elementi contabili: "dentro la contabilità" questi elementi contabili sono  elementi di un calcolo meccanico, ma   "fuori dalla contabilità" fanno parte di un ragionamento valutativo, di una trama di presunzioni da gestire simultaneamente, ragionando per ordine di grandezza. Non siamo stati capaci di svolgere valutazioni di questo tipo davanti a poche centinaia di migliaia  di attività autonome dal risultato palesemente sfasato rispetto alle caratteristiche dell'attività.. Figuriamoci se possiamo usare gli indici di spesa per tassarci a regime milioni di cittadini! Quanti funzionari possiamo sguinzagliare per chiedere a chiunque spenda qualcosa fuori dall'ordinario "perchè l'hai fatto" , dove hai preso i soldi, innescando incontrollabili storie di famiglie, di redditi esenti, di periodi di imposta chiusi e tutto il tacabanda che si porta dietro l'accertamento del reddito in base alla spesa soltanto. E' un procedimento che da solo è contronatura, come se cercassimo di salire sulla scala mobile in discesa, o dovessimo operare qualcuno di tonsille mettendo una sonda per via anale!.

Però anche le illusioni, le emozioni, le suggestioni, i manifesti politici, in mancanza di meglio  fanno  parte della realtà, diceva Huizinga, e noi siamo  fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Quindi  sorbiamoci le perdite di tempo  connesse a questo palliativo sociale, vivendolo come un cilicio  fiscale inutile, perchè lo "spesometro" somiglia alle processioni del seicento contro la peste, o alle danze della pioggia. Un rito connesso al fatto che tutti gli  uomini sognano (ma non nello  stesso modo, diceva lawrence d'arabia), e la maggior parte sogna che il legislatore tutto sappia e tutto possa risolvere. L'analfabetismo di massa sulla tassazione attraverso le aziende costringe lo stesso povero legislatore a questi moderni riti lustrali, per dire, in conferenza stampa, di avere fatto qualcosa. Milioni di persone perderanno tempo inutilmente perchè si possa dire di aver fatto qualcosa contro un'evasione di cui sfuggono le vere cause, perchè sfuggono i punti di forza e di debolezza della determinazione tributaristica della ricchezza attraverso le aziende.

Commenti

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Commento di Giuseppe Gargiulo

A mio sommesso giudizio se si guarda allo “spesometro” per quello che è, non quindi come ad un nuovo “totem” o la nuova bacchetta magica contro l’evasione, ma semplicemente come uno strumento informativo aggiuntivo e complementare a disposizione della Amministrazione Finanziaria (come mi risulta accadere in altri Paesi) per avere nei suoi “data base” ( per ogni codice fiscale) informazioni aggiuntive sulla capacità di spesa di ciascuno (almeno di quella che lascia traccia, perché è evidente che gli acquisti e le simmetriche vendite a nero non diventano “in bianco” per obbligo legge!!) , al fine di innescarci sopra, al bisogno, quelle “valutazioni” di coerenza e congruità (e quelle inversioni di oneri probatori, finalizzate a ridurre l”asimmetria informativa” tra contribuente e Fisco) di cui parliamo sempre sulla Fondazione, forse tanto pessimismo non è giustificato . D’altronde se è vero che il “fisco tassa ciò che vede” e che in alcuni casi molti redditi sfuggono ai circuiti di rilevazione/emersione della “tassazione attraverso le aziende” (nonché ai relativi controlli di congruità/valutativi, studi di settore, etc.) , detto strumento informativo potrebbe, complementarmen te ad altri , fornire alcune informazioni aggiuntive, che potrebbero segnalare alcune “anomalie” su cui innestare quelle famose valutazioni (e non somme algebriche) di cui parliamo spesso su questo sito.
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