dagli ultracorpi tributari al diritto amministrativo delle imposteLoading... Stampa
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Teoria della tassazione
Scritto da Raffaello Lupi   
Sabato 17 Dicembre 2011 00:43

La società italiana, le classi  dirigenti, le istituzioni, non hanno -sulla tassazione- un'accademia che possa essere per loro un punto di riferimento. Le cattedre non   riescono ad essere qualcosa di più di un legittimo  punto di partenza per le relazioni  sociali dei titolari. Ma non servono alla individuazione e al coordinamento 

delle riflessioni sulla determinazione della ricchezza ai fini tributari. In mancanza di  meglio l'opinione pubblica divaga  sull'onestà, la disonestà, le aliquote troppo  alte o troppo basse, il contrasto di interessi, la tracciabilità, l'autoriciclaggio, le manette agli evasori, l'accertamento sintetico di massa, il mito dei grandi evasori e tanti altri diversivi. Sono discorsi sensati, ma parziali, che l'accademia, invece di coordinare e organizzare,  ricopre di sussiegosi paludamenti, secondo il preconcetto (tratto dalle scienze della materia) secondo cui le riflessioni  comprensibili non  possono  essere rigorose e approfondite. In questo modo  l'accademia,  in materia tributaria, ha pian piano perso l'attitudine ai ragionamenti, divagando sui rifeirmenti, diventando il problema del settore, anzichè la soluzione. E' uno degli inconvenienti più manifesti dell'appiattimento del diritto sulla legislazione e i materiali, che distrugge il pensiero, distrugge il senso di responsabilità e lo spirito di iniziativa, provoca graduali mutazioni nelle persone,  come nelle scene linkate del film l'invasione degli ultracorpi, con la lenta creazione di  tanti baccelloni tributari (con un'assonanza non casuale con l'espressione accademica anglosassone "bachelor", riferita alle bacche d'alloro del laureato, appunto da laurum).

Il vero obiettivo del giuspositivismo, evitare invasioni di campo del giurista nelle scale di valori politico sociali, riservate alla politica,  è degenerato nell'appiattimento sulla legislazione, sulle sentenze, sui provvedimenti amministrativi, sulla stessa dottrina liofilizzata e ridotta ad oggetto. Tutto  decontestualizzato, come sederivasse da una razionalità astratta, non umana. Il pensiero si allontana così pian  piano, dalla determinazione dei tributi, si disumanizza, genera convegni inconsistenti, di cui  restano solo le locandine, eludendo  l'interrogativo più ovvio "cosa ci ha fatto diventare così". E' un'avvisaglia di quanto potrebbe avvenire per tutte le istituzioni, col rischio di destrutturare l'organizzazione sociale, di  deresponsabilizzare le istituzioni con lenta disgregazione della società. Il virus non è una idea, ma la morte delle idee, cioè l'idea che noi dobbiamo ripetere le idee di qualcun altro,  mummificate a tale scopo. Uno spappolamento mentale che dilaga dappertutto al seguito dell'appiattimento sui materiali, ma ha raggiunto il massimo in quest'equivoco chiamato "diritto tributario". Scorrendo  uno dei volumi di diritto tributario più adottati nelle università, mi accorgo che è fatto di "legislazione fiscale e altri materiali", banalizzando l'impostazione processualprivatistica di "legge-giudice", assecondando negli studenti il lento indebolimento del pensiero, del ragionamento della riflessione, dello  studio dei comportamenti umani. Prendiamone atto: diritto  tributario è abortito per l'impostazione legalistico-avvocatesco processuale, intrecciata di critiche e appelli al legislatore e alle istituzioni, oppure di  professori-professionisti impegnati a diventare i più ricchi del cimitero, e sono  i più normali. Tributario non è morto, non poteva morire perchè non è mai nato, non poteva nascere parlando di obblicazione, di legge e di giudice, e da questa paralisi del pensiero nascono i processi verbali di disquisizione, le confuse parafrasi di materiali, le controparafrasi, l'incapacità degli uffici di arrivare dove le aziende non  arrivano, il desiderio legalistico di copertura, i palleggi delle pratiche per non decidere, come se si stesse giocando a "l'uomo  nero" (o peppa per chi  preferisce). Sono andati smarriti la matrice amministrativa, la richiesta delle imposte da parte degli uffici, la sua sistematicità, la tassazione attraverso le aziende e la tradizione della tassazione valutativa dove esse non arrivano,  l'intervento del giudice come rimedio al cattivo esercizio del potere. Diritto tributario non è morto, ma è abortito, e bisogna rifondare il "diritto amministrativo delle imposte" , in una cornice "amministrativistico-economica" . Altrimenti contribuiremo oggettimente alla disgregazione dell'Italia.

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Ultimo aggiornamento Venerdì 03 Ottobre 2014 17:58