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Una teoria per i tributaristi

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deprocessualizzare per sdrammatizzare PDF Stampa E-mail
Controlli e contenzioso
Scritto da Raffaello Lupi   
Martedì 19 Aprile 2011 10:26

Il fisco è in uno stato di grande malessere e tensione, nel solco dell'inferno della ricchezza palese, altra faccia della medaglia del paradiso di quella nascosta, dove le aziende non arrivano, oppure da chi comanda nelle aziende. In gran parte questo squilibrio, nell'integrazione tra "richiesta delle imposte" da parte

delle aziende e da parte del fisco, dipende dalla impostazione conflittuale, cioè processualistica, dell'accademia, esaminata in altri post. Una impostazione talmente appiattita sul processo, sulla lite, da rendere difficile persino capire il processo e la lite.  La processualizzazione comporta una drammatizzazione del rapporto fiscale, e soprattutto rende difficile capire persino il processo. Perchè non è efficiente affrontare una materia partendo dalla coda. Perchè affrontare "l'ordinamento giuridico nel prisma dell'accertamento giudiziale" , come scriveva Allorio va probabilmente bene quando si tratta di diritto dei privati. Ma nel diritto della pubblica autorità, cui appartiene la tassazione, partire dal processo è metodologicamente contronatura. Perchè il giudice interviene dove l'amministrazione non funziona. E se non si capisce come deve funzionare l'amministrazione non ha senso chiedersi come il giudice deve inseririsi su questo malfunzionamento.  Per questo bisogna recuperare la matrice amministrativistico economica del diritto tributario e  "processare meno processare meglio". Cioè non certo rifiutare il processo,ma inserire anche lui in questa visione di insieme. Dove la amministrazione arriva quando le aziende mancano,  il loro padrone nasconde o loro sbagliano, e il giudice quando sbaglia l'amministrazione.

A queste esagerazioni processuali si sono  accompagnate quelle legalistiche, che pretendevano che tutto fosse stabilito per legge, e hanno messo in crisi la “richiesta delle imposte”, deresponsabilizzando  l’amministrazione finanziaria davanti alla ricchezza certamente nascosta, ma quantificabile solo per ordine di grandezza.

inoltre la processualizzazione drammatizza il rapporto fiscale, diminuisce la serenità. Per tutti. L'amministrazione non vede l'ora di passare la palla al giudice per iniziare la naturale determinazione del tributo, cioè il processo. Coltivato stancamente per tutti i possibili gradi di giudizio. I giudici si sentono  come incaricati di un ruolo supplente nella lotta all'evasione.

Il processo non spiega la tassazione, non spiega il diritto, e senza spiegazioni la società si avvita su se stessa, e questo settore contribuisce alla disgregazione generale. Il paese resta ostaggio di una accademia che ha omesso il proprio compito di sistemazione concettuale, ma ha bisogno di una comunità scientifica, di un gruppo di persone che abbiano tempo per sistematizzare e coordinare tutto  quello che altri fanno per lavoro. Altri che avrebbero voglia di pensare, ma non hanno tempo, mentre quelli che hanno tempo e titolo non hanno voglia. Perchè "essere professori" era sempre meglio che lavorare, oppure dava vantaggi in termini relazionali e  professionali. Vantaggi assolutamente legittimi, ma che dovrebbero essere il corrispettivo  di una attività di sistemazione concettuale per cui  non ci sono  sostituti. Dove se l'accademia fallisce la società è destinata a girare a vuoto.

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