Un contenzioso all'altezza della tassazione attraverso le aziende |
Controlli e contenzioso | |||
Scritto da Raffaello Lupi | |||
Giovedì 24 Settembre 2009 21:07 | |||
Sul numero 5 di Dialoghi tributario 2009, assieme a Tosi, abbiamo per certi versi elogiato la rapidità dei giudizi tributari rispetto a quelli del lavoro, ai fini della determinazione dell'imponibile previdenziale evaso. Perfetto, ma purtroppo alla rapidità non si associa la conoscenza dei sofisticati meccanismi della tassazione analitico aziendale. Quest'ultima si è sviluppata con una serie di logiche settoriali, di simmetrie concettuali, di implicazioni gestite in modo fin troppo sofisticato e quasi iniziatico-esoterico da una serie di eruditi ministeriali e non. Costoro operano in punta di fioretto, l'amministrazione periferica, anni dopo, usa la sciabola per fare budget (nel solito inferno di ciò che è palese). Fin qui andrebbe bene, se poi i giudici non usassero la clava, o magari la sega elettrica come nel peggiore "nightmare" (della serie "commissioni tributarie" non aprite quella porta). Non per colpa loro, ovviamente, ma perchè la matrice delle commissioni tributarie attuali, nonostante tutte le inutili parodie del processo civile, hanno mantenuto la loro antica matrice di "giudice del fatto", della stima di capacità economica, della verifica esteriore della correttezza dell'azione amministrativa, della bonaria valutazione sulla presenza di palesi irrazionalità negli atti di accertamento. Insomma, il contenzioso tributario è una parte del tutto, e se manca una visione di insieme del tutto, come amalgama tra concetti economici, aziendalistici, di diritto amministrativo e civile (analisi dei rapporti giuridici in chiave economica), neppure il contenzioso può essere inquadrato: ed infatti il contenzioso tributario attuale soffre di questa generale mancanza di identitià della tassazione individuale. La tassazione analitico-aziendale è venuta direttamente dal basso, quando le modalità di produzione e circolazione della ricchezza hanno offerto la possibilità al fisco di individuare la capacità economica grazie alle rigidità amministrative aziendali. Il cambiamento, anche se graduale, come in tutte le scienze sociali, non è stato guidato da una capacità teorico-progettuale, da una consapevolezza dei ruoli del legislatore, dell'autorità amministrativa, del giudice, dei punti di forza (organizzazioni rigide) e di debolezza (lavoro autonomo e piccole organizzazioni) di questi criteri di tassazione nella struttura produttiva. Le spiegazioni dell'adempimento e dell'evasione erano ancora quelle rudimentalmente moralistiche. Nessuno si è accorto del passaggio da una "legislazione fiscale", sostanzialmente alla portata di chiunque avesse una certa sensibilità giuridico-economica e un pò di pratica, ad un diritto tributario irto di complessità specifiche, e per le quali occorreva una teoria organica, diversa dalla preparazione giuridica "generalista". Inoltre, a causa del passo indietro dello studio del diritto tributario di matrice economica, e del mancato sviluppo degli studi radicati nel diritto amministrativo, si è alimentato l'equivoco della concezione "processualistica", che vede il diritto tributario come due parti che litigano e il giudice che decide a chi dare ragione. Il giudice "buon padre di famiglia", genericamente esperto dei fatti della vita giuridico-economica, è efficiente per molte tematiche spicciole e grossolane, spesso "seriali", dalle rettifiche induttive, alle cartelle pazze, agli oneri deducibili, alla TIA, agli accertamenti di valore nel registro, etc.. Ma non sempre questa preparazione e sensibilità è sufficiente. Sono casi non frequentissimi, ma importanti, perchè relativi a quelle poche decine di migliaia di soggetti che fanno funzionare il sistema. Richiedono non solo conoscenza delle disposizioni fiscali , ma anche un qualche retroterra sulla produzione e circolazione della capacità economica, sui rapporti commerciali. Per scimmiottare il processo civile, ci siamo dimenticati dell'oggetto economico del diritto tributario. Quest'oggetto economico è ulteriormente mortificato dalla ristrettezza dei tempi processuali, che su questi temi provoca o "copre" decisioni sbrigative, o preconcette. Insomma, per questa parte il giudice tributario è assolutamente inadatto. Occorrerebbe un giudice professionista, o il giudice civile, anche se bisognerebbe comunque risolvere maggiormente le controversie in sede amministrativa (cosa che la pretesa centralità del giudice distoglie gli stessi uffici dal fare!!). Per il resto, che poi è quasi tutto, il giudice tributario va benissimo, però se le caratteristiche sono quelle della rapidità, della snellezza e del "buon padre di famiglia" tanto varrebbe metterci il conciliatore, senza scimmiottare la procedura civile!!!. aggiornamento del 6 ottobre: l'allegato convegno offre un esempio di tutti gli equivoci connessi alla visione processualistica del diritto tributario: l'espressione stessa "strumenti deflativi del contenzioso" svela l'atteggiamento secondo cui la forma naturale di soluzione delle controversie fisco contribuente sarebbe il giudice, ma purtroppo, per ragioni contingenti, le cause sono troppe, e quindi -ahimè!- occorrono strumenti deflativi del contenzioso. Neppure per un attimo sembra emergere il dubbio che, forse, lo strumento naturale per determinare la capacità economica ai fini tributari è la dialettica amministrativa,, e che il processo è destinato alle ipotesi, auspicabilmente rare, in cui questa dialettica fallisce. La storica matrice amministrativistica del diritto tributario è del tutto in secondo piano,e la centralità di tutto è il giudice, che invece dovrebbe controllare patologie dell'attività amministrativa. Già il titolo di relazioni, nel suddetto convegno, come "Definizione degli accertamenti in via amministrativa o vertenza giudiziale: una scelta difficile" spiega non tanto il disorientamento, quanto la mancanza di retroterra, di riflessione su quanto accade nel settore di cui dovremmo occuparci. Insomma, non si tratta di cattive idee, ma di mancanza di idee, di stereotipi, di incapacità progettuale, tipica di chi si preoccupa di tutto meno che di creare modelli teorici in cui possano ritrovarsi gli uomini delle istituzioni, gli analisti della società etc.. Per capire che l'istituzione di riferimento della tassazione è l'autorità amministrativa bisognerebbe almeno aver riflettuto sul concetto di diritto, mentre qui sembra che sia diritto quello che appare sulla gazzetta ufficiale, salvo riflessioni praticoidi, tipo "giudice a tempo pieno" o meno. Il vero problema è la "competenza", ma non quella territoriale, quanto piuttosto sapere di cosa si parla, il che non è solo un tema di preparazione specialistica sui dettagli, ma anche di tempo a disposizione. Anche il processo civile ha giudici a tempo pieno, che mi sembrano ansiosi soprattutto di liberarsi delle pratiche, tanto lo stipendio, basso o alto che sia, è fisso. Quindi si tratta soprattutto di "processare in funzione di controllo dell'attività amministrativa, in quanto è lei l'istituzione preposta a determinare il tributo. Insomma, processare meno- processare meglio, come avevamo scritto su dialoghi tributari.
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Commenti
Si veda qui per una breve rassegna http://www.associazionemag istratitributar i.it/startDownload.asp?File=%5C%5Cwagner%5Cwwwroot%24%5Cassociazionemag istratitributar i%2Eit%5Clista%5Fdocumenti%5C1%5Crivista%5Fanno4%5Fnum1%2Epdf&Name=rivista%5Fanno4%5Fnum1%2Epdf&Size=536334 (pag. 58 e ss.)
La stessa proposta formulata dall' Organismo Unitario dell'Avvocatura http://www.oua.it/mod_mail/comunicati/Doc_allegati/invio29_9_2009/proposta%20oua%20uncat%20processo%20tributario.doc sostanzialmente non si discosta dalla matrice processualistic a del nostro processo. Mi chiedo se non sarebbe auspicabile, anche nel nostro sistema, introdurre un percorso antecedente alla fase giudiziale di carattere amministrativo, per controversie che riguardino l'attività impositiva, in cui vi sia un riesame effettivo dei fatti da parte di un organo sovraordinato dell'Ammistrazi one Finanziaria, che analizzi e risponda alle eccezioni avanzate dal contribuente emanando il provvedimento che diventa poi eventualmente l'atto impugnabile innanzi al giudice tributario (come avviene nel sistema statunitense con il cd. notice of deficiency).
Tale percorso avrebbe conseguenze positive sull'attività complessiva dell'Amministra zione finanziaria, nel senso di un'analisi più dettagliata della pretesa fiscale, più uniformità nell'attività di controllo, minor numero di liti tributarie e soprattutto meglio istruite, lasciando poi al giudice tributario la risoluzione della controversia nella quale vi sia stata però un'analisi dei fatti di causa già sviluppata in contraddittorio tra le parti.