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Una teoria per i tributaristi

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Home Arbitraggi elusivi teoria della tassazione ed elusività della scissione
teoria della tassazione ed elusività della scissione PDF Stampa E-mail
Arbitraggi elusivi
Scritto da Administrator   
Sabato 11 Luglio 2009 15:35

La risoluzione in commento è comprensibile, perchè le istituzioni, senza una teoria alle spalle giustamente dicono di no, e così si sentono tranquille. Se però ci fosse stata una teoria della tassazione analitico aziendale si sarebbe intuito facilmente che la cessione delle partecipazioni da parte dei soci

non è affatto, nella sostanza, più mite rispetto alla cessione dell'azienda, perchè il prezzo pagato dal compratore in questo caso si ribalta sui beni acquisiti, anche sotto forma di iscrizione dell'avviamento. Nel caso di cessione della partecipazione, il cedente paga poco, ma il compratore non potrà mai dedurre dal reddito dell'impresa acquisita alcuna somma a fronte del prezzo pagato. Ci vuole Einstein per capirlo? Credo di no, e gli estensori della risoluzione credo l'avessero capito benissimo. Ma se non c'è una spiegazione generale condivisa, è sempre meglio dire di no. Creando così una curiosa situazione di disorientamento, in cui è palese che la scissione è legittima, formalmente e sostanzialmente, in quanto non sta scritto da nessuna parte che essa deve avere per oggetto aziende o complessi aziendali. Però il fisco non ti riconosce, giustamente dal suo punto di vista, il relativo regime fiscale più mite, che poi nell'insieme si riassorbe grazie alle simmetrie della tassazione analitico aziendale, che ho trattato in diritto tributario, volume unico , 2009. Giustissimo, perchè se non c'è una visione di insieme del tutto, non si capiscono neppure i pezzi, come la scissione. Come si fa a parlare di elusione se non si ha neppure una idea che la capacità contributiva è  capacità economica? Senza una idea della tassazione analitico aziendale non se ne possono capire singoli pezzi e quindi.........continuiamo a farci del male. 

Commenti

avatar stefano.palestini
0
 
 
La tendenziale detassazione in ambito PEX non è una agevolazione concessa gentilmente dal Legislatore a beneficio di qualcuno o qualcosa, ma ha una sua logica di sistema, per cui il soggetto pagherà “un qualcosa” di abbastanza contenuto (questo qualcosa è asistematico nel caso di società cedente mentre se si tratta di persona fisica serve per allineare il livelli di tassazione con le persone giuridiche ) mentre il soggetto economico acquirente porterà nella sua sfera economica un maggior costo fiscale della partecipazione (dovuto al sovrapprezzo pagato per l’avviamento). Nel caso di cessione di ramo di azienda la plusvalenza tassata in capo al cedente sarà neutralizzata (a livello di sistema) dall’acquirente come ammortamento dell’avviamento .
L’esenzione sulle plusvalenze da cessione di partecipazioni trova la sua ragione teorica nel fatto che esse rappresentano il compenso per i maggior redditi futuri prevedibili in capo alla società oggetto della transazione, che quindi dovranno essere tassati ordinariamente presso quest’ultima . Lo stesso discorso vale per i rami di azienda, tuttavia qui il meccanismo si concretizza tramite la tassazione della plusvalenza e deduzione dell’avviamento in quote di ammortamento. Alla fine quello che deve restare tassato sono i maggiori redditi futuri presso la società che li produce.
Da quanto detto emerge che a livello teorico vi è una giustificazione per i regimi impositivi previsti per i beni di primo e secondo grado, per cui tendenzialmente dovrebbe essere indifferente far circolare beni o partecipazioni e quindi escludere le fattispecie dall’elusione . Si tratta dell’ applicazione del principio di simmetria :
 nella cessione di società non si tassa la plus in capo al cedente ne l’acquirente deduce il sovraprezzo (=avviamento), la tassazione dei maggior redditi che giustificano la plus resta in capo alla società ;
 nella cessione del ramo di azienda invece tutte le vicende fiscali si svolgono in capo alle società per cui la cedente tassa la plusvalenza , l’acquirente deduce l’avviamento e paga le imposte ordinarie su maggior redditi .


Saluti

sp
avatar mauro franchi
0
 
 
I TRE LIVELLI DELL’ELUSIONE
Le valide ragioni economiche, da sole, non sono sufficienti per inquadrare correttamente l’elusione.
Occorre ragionare, in modo congiunto, su tre livelli:
1) il momento negoziale;
2) le prassi commerciali;
3) i principi sistematici tributari.
L’interprete, anzitutto, deve verificare la sussistenza della causa per i negozi atipici o complessi (composti, cioè, da una pluralità di atti). Per quelli tipici, come sappiamo, la causa sussiste già ex lege.
Occorre, poi, spostare l’attenzione su quelle che sono le prassi commerciali. Bisogna, cioè, verificare se quel particolare negozio o successione di negozi, in genere, abbia una sua ragion d’essere nelle pratiche comunemente adottate dagli operatori economici.
Infine, a completamento dei primi due passaggi, si deve verificare se l’operazione contravviene a principi di diritto tributario ad alta valenza sistemica.
I tre momenti devono tutti, contemporaneame nte, trovare validazione. Ma è bene precisare che solo il primo ed il terzo, congiuntamente, assumono un ruolo determinante per avvalorare il disegno negoziale del contribuente.
Come si vede l’interprete, segnatamente il giudice ma anche l’amministrazione finanziaria, deve possedere particolari competenze e sensibilità trasversali: buona conoscenza della materia civilistica, sensibilità pratica del mondo dei commerci e padronanza delle logiche di fondo del sistema tributario.
E’ difficile che queste competenze siano ad appannaggio di chi ha una cultura generalista magari solo processualista oppure esclusivamente tributaria.
Se ciò è vero, allora, non sarebbe sbagliato pensare, all’interno delle commissioni tributarie, all’istituzione di sezioni specializzate che debbano occuparsi esclusivamente di tematiche elusive.
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